Spesso alcuni fenomeni di vasta portata, come le invasioni barbariche del V e VI secolo o le migrazioni dell'inizio dell'XI secolo, furono innescati dalla spinta di popolazioni nomadi dell'Asia. I mongoli erano una popolazione nomade che abitava più o meno nell'odierna Mongolia orientale, a sud-ovest della Manciuria.
Essi erano noti ai Cinesi fin dalla dinastia Tang con il nome di Meng-ku e negli annali Chin i Mongoli erano ricordati come una minaccia. Erano chiamati dagli arabi tatar e tale nome - grazie anche all'eloquente assonanza con il Tartaro pagano, cioè l'inferno per gli antichi - venne usato in Occidente, ma trasformato in Tartari, per definire questa popolazione. Il vastissimo territorio tra la Grande muraglia cinese e i grandi fiumi siberiani era popolato da numerose tribù, spesso in lotta tra loro, che avevano dato parecchi problemi all'Impero cinese e agli stati europei più orientali come i principati di Novgorod e di Kiev. Tra queste popolazioni erano venute in contatto con l'Europa dall'VIII secolo i khazari (convertitisi all'ebraismo), i peceneghi (che vennero sconfitti dai bizantini nel 1122), i cumani o polovzi, o le popolazioni dell'impero del Qara-Khitai (a sud del lago Balkash).
Fu Kabul Khan del clan dei Borjigin ("dagli occhi grigi") a creare il grande stato mongolo assoggettando al suo governo tutte le tribù mongole; tale stato all'inizio fu vassallo della dinastia Chin (Sung settentrionali), ma in seguito gli fece guerra. Sotto il regno del khan successivo, Kutula, i Mongoli attaccarono nuovamente la Cina (1143), ma dopo alcuni successi iniziali scoppiarono dissidi interni in seno ai Mongoli e infine furono sconfitti da una coalizione di Cinesi e Tartari nel 1161. Conseguentemente la sovranità dei Chin fu restaurata su tutta la regione fino alle tribù occidentali dei Keraiti. Il padre di Gengis, Yesugei Bagatur (l'eroe) del clan Kiyat-Borjigin, tentò di restaurare il potere della sua tribù, ma fu avvelenato prima di riuscire a farsi eleggere Khan.
Finché queste popolazioni furono in competizione tra loro, la situazione poté essere tenuta sotto controllo sia dagli europei che dai cinesi, finché, nel XIII secolo, esse non trovarono un capo (un khan) in grado di riunificarle: Gengis Khan, uno dei più grandi conquistatori di tutti tempi, accostabile forse solo ad Alessandro Magno. Nato come Temujin tra il 1155 e il 1167 da un capotribù di un popolo stanziato nell'alto corso dell'Onon, entrò a servizio del khan dei keraiti, una tribù turco-mongola cristianizzata secondo il credo nestoriano. Dopo aver sposato la figlia del khan (Borte) iniziò ad ampliare i propri domini battendo e assimilando le tribù vicine. Nel 1206 poteva controllare già tutta l'area del Gobi; durante un grande kuryltai (la dieta tribale) tenutasi alle sorgenti dell'Onon, venne proclamato Gran Khan, cioè khan di tutti i mongoli, che sotto di lui avevano trovato un'unità nazionale.
Da allora fu noto come "Genghiz Khan" ovvero "Signore Universale". Egli si diede a conquistare e organizzare i popoli, secondo un 'organizzazione politico-militare basata sulla mobilità e fortemente gerarchizzata: ogni tribù (ulus, che indicava anche il patrimonio collettivo) era indipendente, ma tutte erano sottomesse alla famiglia imperiale, il cosiddetto "casato della stirpe aurea", sacro poiché mitologicamente derivato dal Dio del cielo, Tengri, divinità suprema dei mongoli. L'impero nel suo insieme era l'ulus della famiglia imperiale. Tutti khan offrivano fedeltà e rispetto al Gran Khan, che li sorvegliava con un rapido ed organizzato sistema di intendenti e corrieri.
Ma l'aspetto più straordinario della sua personalità fu il genio in campo militare, dalla formidabile tattica: le armate mongole, forti di arcieri a cavallo, attaccavano nel più completo silenzio, guidate solo da bandiere di diverso colore, compiendo manovre complesse in assoluta simmetria e coordinazione, che incuteva una soprannaturale paura nel nemico. Gengis Khan curò anche la sua fama (l'"immagine") con calcolate azioni di straordinaria ferocia nel punire i nemici o di grande magnanimità verso gli alleati. La fama di inflessibile e invincibile fu un'ottima propaganda contro i suoi avversari politici, i quali sapevano che non sottomettersi equivaleva allo sterminio.
Nel 1211 le genti mongole erano unificate, quindi Gengis Khan guardò alla Cina; più o meno contemporaneamente i mongoli prendevano il regno irano-persiano di Kwarezm (Corasmia), con città come Samarcanda e Bukhara, dirigendosi poi a nord dove venne conquistato il regno della Grande Bulgaria, la cui popolazione fu deportata. Nel 1227 il grande leader morì lasciando un impero che si estendeva dalla Siberia al Kashmir, al Tibet, al Mar Caspio, al Mar del Giappone. Nonostante i genocidi, le deportazioni di massa e le città rase al suolo e ricostruite da zero, l'Impero mongolo era solido, pacifico, con genti diverse per stirpe, lingua e religione che convivevano armoniosamente sotto l'equa e inflessibile pax mongolica.
Espansione dell'Impero Mongolo |
Alla morte di Gengis Khan i capi tribù, secondo la tradizione, si riunirono in un kuryltai presso Karakorum, nel cuore della Mongolia, per scegliere all'interno della famiglia imperiale un nuovo Gran Khan, che fu indicato in suo figlio Ogödäi (1229). Subito venne ripreso il programma di conquista.
Ogödäi si diede a completare la conquista della Cina settentrionale e della Persia, mentre suo cugino Batu, nipote di Gengis Khan, lanciò una spedizione contro l'Europa, arrivando nel 1238 sui ducati russi confederati, che già nel 1222 avevano conosciuto la furia delle orde tartare. Quando Kiev cadde nel 1240 la Cristianità entrò in un momento di crisi e terrore. Non conoscendo né la lingua né le origini dei mongoli essi apparivano come un'entità sovrannaturale, terribili, dall'aspetto più ferino che umano, come li descrivono gli Annali di Novgorod. Molti crederono che fosse arrivata la punizione divina ai peccati del mondo, collegandosi al mito cristiano delle popolazioni bibliche infernali di Gog e Magog quali araldi dell'Anticristo.
Nel 1241 i cavalieri di Batu Khan si erano impadroniti di un vasto territorio tra il Volga e il Mar Nero, futuro nucleo dell'Impero dell'Orda d'Oro, e poterono riversarsi più a ovest, dove attaccarono la Polonia, la Boemia e l'Ungheria. A niente servì la difesa della migliore cavalleria cristiana, compresi i cavalieri Teutonici che vennero decimati a Liegnitz. Federico II si appellò allora a tutti i sovrani cristiani per bandire una crociata e anche papa Gregorio IX parve incline a tale soluzione. Ma fu lo stesso Batu a ritirarsi dai territori europei conquistati perché il suo esercito aveva subito gravi perdite e perché la conquista poteva trasformarsi in una folle avanzata senza appoggi logistici. Inoltre l'elemento che rese imminente una ritirata fu la morte di Ogödäi e la riunione di un nuovo kuryltai.
Nel 1241 venne scelto come nuovo Gran Khan Guyuk, che non riprese la campagna contro l'Europa, anzi da lui in poi i mongoli si dedicarono all'assoggettamento della Cina, dove crollò la dinastia Sung nel 1249 e venne instaurata la prima dinastia non-cinese dell'Impero, quella mongola degli Yuan, con il primo imperatore mongolo-cinese di Khubilai. Da allora la famiglia imperiale e l'aristocrazia mongola iniziarono un profondo processo di sinizzazione, come se volesse fare il possibile per far dimenticare le proprie origini ai colti cinesi. L'imperatore degli Yuan era di fatto il Gran Khan, ma dalla seconda metà del XIII secolo ormai l'impero mongolo era diviso in quattro stati federati, che formalmente riconoscevano la suprema autorità del Gran Khan, ma di fatto ebbero vita indipendente. Questi quattro imperi erano:
- Quello cinese, con capitale a Pechino, che durò fino al 1368 quando salì al potere la dinastia Ming.
- Il Khanato dell'Orda d'Oro, nel sud dell'attuale Russia
- Il Khanato Chagatai, tra lago d'Aral, Tibet e Cina
- Il Khanato di Persia, ottenuto dopo la sconfitta dell'ultimo califfo abbaside e la presa di Baghdad nel 1258.