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Grazie all'autore di questo post, Alessio Rogano
L'avvio delle esplorazioni geografiche, avvenute a partire dagli inizi del XV secolo ad opera prima dei Portoghesi e in seguito degli Spagnoli, ebbe una finalità non solo puramente economica, ma anche di natura politico-religiosa.
La Chiesa di Roma promosse subito queste nuove iniziative, che avevano come scopo economico la ricerca di nuove vie per raggiungere le Indie, divenute inaccessibili subito dopo la Caduta di Costantinopoli in mano turca, e quindi in conseguenza di ciò portavano in grembo il messaggio della Crociata e della Conquista di Gerusalemme.
Inoltre, grazie al suo potere spirituale e temporale insieme, intervenne direttamente in questo campo, battezzando le nuove scoperte con le proprie bolle, che in primis assegnavano a chi aspettassero le nuove terre, come e con chi dovevano essere suddivise e in seguito decretavano le varie fasi del processo di evangelizzazione dei suoi abitanti, con l'invio in esse di capaci missionari, che dovevano diffondere la lieta novella di Cristo alle nuove genti.
La Chiesa di Roma è quindi conscia del proprio compito e della propria potenza, che le vengono riconosciuti dagli uomini fin dagli inizi del Medioevo.
Con la Caduta dell'Impero Romano, e in un'Europa in mezzo alle barbarie, si tenne ben a mente l'immagine di un mondo unito e rinnovato in nome di Cristo e sempre sotto la guida di Roma: una Roma non più solo patria civile, ma, in quanto sede dell'Ecclesia Cristiana, anche patria che deteneva i confini del mondo o pure più semplicemente, utilizzando le parole di Cassiodoro, “Communis Patria”.
Quindi nel Medioevo Roma continuava la sua missione di “Caput Mundi” e, in quanto padrona di “Totius Orbis”, segnava i confini di questo.
La stessa Geografia Medioevale studiava infatti uno spazio religioso, più mentale e frutto della fantasia che reale, basato sullo studio dei classici latini-greci e dei primi Padri della Chiesa e sulla Bibbia, uno spazio ristretto da quattro confini (a Nord i ghiacci, a Sud il deserto, ad Est le grandi steppe e ad Ovest il vasto oceano) con al centro Gerusalemme e concentrato sul Mediterraneo, dove dominava appunto l'Urbs. Questo lo vediamo benissimo in opere come la “Navigatio Sancti Brendani” e nel mito del Prete Gianni.
Solo intorno al XIII secolo ad uno spazio cristiano si affiancò uno più laico, quello dei banchieri e dei mercanti (si pensi a Marco Polo), che superarono le vecchie concezioni e navigarono prima verso Oriente e poi più avanti s'inoltrarono anche nell'Atlantico: ricordiamo che l'importante missione nell'Oceano Atlantico dei fratelli genovesi Ugolino e Guido Vivaldi, avvenuta nel 1294, fu il preludio dei grandi viaggi di esplorazione del Quattrocento.
Il Trecento rappresentò un secolo di passaggio (e per la Chiesa di crisi), che porterà al grande secolo dell'Espansione Europea, appunto il XV.
Esso vide l'Europa divisa e in preda alla paura del Turco, che con la Caduta di Costantinopoli nel 1453 premeva sempre più verso Occidente. Ciò spinse per primi in assoluto i Portoghesi a cercare una via più sicura ed economica per raggiungere l'Asia dalle mille spezie.
Nello stesso tempo la Chiesa, uscita dalla Cattività Avignonese, dopo aver superato la tempesta dei concili raggiunse il massimo della sua potenza, che durò fino al 1527 con il Sacco di Roma. Aveva infatti consolidato le sue basi territoriali, aveva affermato, a dispetto di Lorenzo Valla e delle sue teorie, il primato assoluto spirituale e temporale allo stesso tempo del Papa (pontifex imperator...dominus mundi), riprendendo la vecchia concezione teocratica gregoriana, era ricca grazie alle indulgenze e sapeva farsi rispettare ed ascoltare.
In mezzo a tanti Stati in lotta tra di loro si proponeva ancora una volta non tanto come arbitro quanto come delegante di poteri. Chiamava l'Europa in raccolta alla Crociata e interviva nella delicata questione delle scoperte geografiche.
Proprio in questo secolo i suoi papi sono quasi tutti liguri (Niccolò V, Sisto IV, Innocenzo VIII, e Giulio II) o spagnoli (I Borgia con Callisto III ed Alessandro VI), quindi figli di quel mondo crociato e mercantile medioevale.
Non è un caso che a fine secolo la Spagna, completato l'iter della Reconquista, pareggiò i conti con il Portogallo e iniziò ad avventurarsi verso nuovi mondi, nel momento in cui proprio uno spagnolo di altissima portata, come Rodrigo Borgia, saliva sul soglio di Pietro con il nome di Alessandro VI.
Lo stesso Cristoforo Colombo, uomo invasato di dottrine religione, che si considerava il destinato per eccellenza a questa missione, ebbe forse contatti con i vari papi liguri, come Sisto IV ed Innocenzo VIII e con lo stesso Alessandro VI.
Si stabilì tra l'altro un rapporto speciale fatto di rispetto reciproco tra il navigante genovese e l'avventuriero valenzano, due personaggi di umili origini, ma che con la loro spregiudicatezza e la loro astuzia si innalzarono nella scala sociale, diventando rispettivamente Ammiraglio della Corona Spagnola e Papa.
Essi sono due parvenù, due arricchiti, che si sono fatti da soli, cercando aiuti ed appoggi per salire di status sociale: sono due tipici personaggi del Mondo Mediterraneo, provenienti da quelle due culture di avventurieri, come la genovese e la catalana, che erano sempre state in lotta tra di loro, ma contemporaneamente si intendevano reciprocamente.
Il rapporto tra il Borgia e Colombo emerge moltissimo in due situazioni particolari: prima da parte di Alessandro VI, che nella Bolla “Inter Coetera” elogia l'esploratore Colombo (“... uomo degno e di molta fiducia e idoneo a così grande impresa...”) per la sua Scoperta, poi da parte dello stesso Colombo, che scrisse una lettera rispettosa al Santo Padre nel Febbraio 1502.
La Chiesa benedisce le nuove scoperte geografiche
Ancora prima dei Viaggi Colombiani. Per tutto il XV, secolo la Chiesa di Roma osservò con particolare interesse le imprese africane ed oceaniche del Portogallo: piccola nazione di pochi uomini, ma di numerosi e grandi esploratori.
E sono proprio i papi liguri a battezzare il nuovo processo di esplorazione.
Il primo di questi fu Niccolò V (al secolo Tommaso Parentucelli, originario forse di Sarzana, papa dal 1447 al 1455), che in data 8 Gennaio 1454 con la Bolla Romanus Pontifex approvò quanto il “diletto figlio, nobile uomo Enrico, Infante del Portogallo” stava operando in sede esplorativa nell'Oceano Atlantico.
Egli aveva già scoperto nuove isole, aveva cristianizzato indigeni, e ora si prefiggeva di raggiungere per mare gli abitanti dell'India:
“...E così potrà rendere partecipi, pure gli indiani, di venire in aiuto dei cristiani contro i saraceni e altri nemici della fede, e poter combattere senza tregua alcune sette del nefandissimo Maometto.”
Questa era la tipica politica dei papi dal XIII secolo: bisognava trovare sostenitori contro l'Islam, che aiutassero la Cristianità ad impossessarsi nuovamente di Gerusalemme e poi nel Quattrocento di Costantinopoli.
Infatti già nel Duecento Giovan Da Pian del Carpine e Marco Polo furono in missione diplomatica presso la Corte Mongola per questi motivi e l'ossessiva ricerca del Prete Gianni aveva le stesse finalità.
Ciò dimostra che Roma nel corso dei secoli mantenne saldi i suoi obiettivi, approffittando di eventi nuovi, come le scoperte geografiche, per attuarli.
Proseguendo, la Bolla di Niccolò V esaltava i successi dei Portoghesi, dimostrandosi molto ben informata dei risultati esplorativi lungo le coste della Guinea.
Ma lo scopo della Bolla fu proprio quello di proibire giuridicamente ad altri stati cristiani di sostituirsi nell'Atlantico alle iniziative dei Portoghesi, in qualunque settore di attività esplorativa, di commercio, di pesca ecc... In tal modo il Papa riconobbe la legittimità delle nuove acquisizioni territoriali e ne dette l'investitura, conferendone la sovranità personalmente al re Alfonso e ai suoi successori e all'Infante Enrico IV.
Questa Bolla, che fu un complesso documento diplomatico, frutto del lavoro dello stretto segretario del Papa Pietro da Noceto, ricordò e confermò precedenti privilegi concessi da Roma dai papi Martino V e Eugenio IV e - simultaneamente – stabilì alcune condizioni che i Portoghesi erano tenuti a rispettare. La clausola finale dichiara che:
“...dunque a nessuno sia lecito infrangere quanto attiene a questa pagina di nostra dichiarazione, costituzione, donazione, concessione, appropiazione, di stabilito, di commiato, di esortato, d'ingiunto, di proibito, di autorizzato e di volontà ecc...”.
Da questa clausola si capisce che tale documento non fu un un atto di supplica, ma fu una sorte di vera investitura da parte del Papa, garante della Cristianità e sovrano delle Res Terrae, a un re cristiano, come Enrico IV.
La madre di tutte le bolle di questo tipo, dove il Papa, in quanto sovrano delle Res Terrae in nome di Cristo, si arroga il diritto di assegnare a suo piacimento le terre del globo terrestre ai vari sovrani cristiani, a lui sottomessi, fu la Cum Universae Insulae del 1091 di Urbano II (al secolo Ottone o Oddone di Lagery, papa dal 1088 al 1099).
Questo documento affermava quindi la sovranità teorica della Chiesa su tutte le isole del mondo, anche se di fatto a parte il Patrimonio di San Pietro essa non ebbe mai dei propri possedimenti o delle proprie colonie né nel Mediterraneo né Oltreoceano.
Da qui si capisce il tipo di politica adottata dalla Chiesa nel corso dei secoli e le varie investiture dei pontefici ai sovrani cristiani o a varie entità statali, a cui vengono assegnati porzioni di territori dall’Europa dell’Est al Mediterraneo in primis e in ultimo all’Atlantico.
Appunto questo monopolio portoghese sulle Indie serviva a conferire ad Enrico l'immagine del sovrano cristiano, che con l'aiuto degli Indiani lottava contro Maometto II.
Con questo così venivano estesi anche al di là dell'Europa i principi della Crociata e della “Guerra Santa” , che non a caso furono annunciati sempre dallo stesso Urbano II e che dalla metà del Duecento in poi la Chiesa Cattolica aveva riunito in un'organica teorica giuridica attraverso l'”Apparatus” di Innocenzo IV (al secolo Sinibaldo Fieschi, papa dal 1243 al 1254), la “Summa Aurea” di Enrico da Susa, vescovo di Ostia, e il suo commento letterario o Lettura.
Questi testi avevano infatti cercato di giustificare la liceità della guerra di conquista contro gli “infedeli” rifacendosi alla tradizione delle “guerre giuste” (Bella Iuxta), che l'Antica Roma “madre e testa di tutte le terre” aveva combattuto contro i “barbari”.
Trattandosi di guerre combattute in nome di Cristo, queste imprese potevano però essere promosse solo da un'“auctoritas” superiore, la Chiesa, che aveva ricevuto la missione di unificare sotto la propria egida tutti i popoli del mondo per trasformare quest'ultimo nell'Orbis Christiana.
Questo spirito di Crociata si adattava alle circostanze del periodo: Maometto II aveva conquistato Costantinopoli e Niccolò V, preso dal terrore turco, chiamava a raccolta invano tutti i sovrani europei contro di lui. La Bolla, ultimo atto di questo pontefice, nacque quindi in un clima di paura, ma fu un documento modello per tutte le bolle avvenire.
Su spinta dei Portoghesi il successore di Niccolò V, Callisto III (al secolo Alonso Borja o Borgia, papa dal 1455 al 1458), confermò “Ad Verbum” il 13 Marzo 1456 tale Bolla e continuò l'opera del suo successore, organizzando invano la crociata contro Maometto II, ormai definito “L'Anticristo”.
Dal 1471 iniziò la serie dei Papi Liguri, che s'interruppe soltanto con il pontificato del secondo Borgia: Sisto IV (al secolo Francesco Maria della Rovere, papa dal 1471 al 1484), poi Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo, papa dal 1484 al 1492. La scelta del nome si rifaceva appunto al genovese Innocenzo IV) e infine il nipote del primo Giulio II (Giuliano della Rovere, papa dal 1503 al 1513); tutti papi di origine marinara, che nella loro vocazione sacerdotale espressero la volontà missionaria di estendere la fede nelle intentate vie dell'oceano. A questi poi si aggiunse l'opera di Alessandro VI ( Rodrigo Borgia, papa dal 1492 al 1503), altro papa di vocazione commerciale, anche se di origine non ligure, ma catalana.
Tutti questi pontefici entrarono forse in contatto con Cristoforo Colombo sia direttamente sia indirettamente. Si pensa, anche se non sono state fatte le dovute ricerche e si parla solo per ipotesi, che sia Sisto IV sia, in modo particolare, Innocenzo VIII hanno finanziato attraverso la loro rete di parentele il navigatore genovese, tenendo presente che al loro fianco c'era un consigliere fidato come Giuliano della Rovere (Giulio II), di cui il raggio di azione toccava Genova e Savona, città abitate dai Colombo. Con Alessandro VI il rapporto, pur se solo ufficiale, è testimoniato dai documenti.
A Sisto IV si devono due bolle in elogio dei successi esplorativi portoghesi e in favore della loro espansione politica e territoriale in Africa.
Nella Bolla “Clara Devotionis” del 21 Agosto 1472 si concesse al re Alfonso ogni potestà di carattere amministrativo per quanto attiene alle sistemazioni, e agli stessi diritti ecclesiastici nei territori africani recentemente occupati.
Molto più importante è la Bolla “Aeternis Regis Clementia” del 21 Giugno 1481, che confermava, nei diritti acquisiti dai Portoghesi, la Bolla di Niccolò V.
Negli stessi anni del pontificato di Sisto IV una lotta dinastica si accese tra Spagna e Portogallo con sanguinosi episodi nella Penisola Iberica e con lotte marittime oceaniche, le quali praticamente esaurirono le forze di ambedue gli avversari: forze tanto più necessarie quanto più fu incombente il pericolo turco nel Mediterraneo. Così si giunse alla Pace di AlcaÇobas (1479).
Sisto IV auspicò che la pace stabilita fra Spagna e Portogallo fosse “salda, stabile e costante” (“firma et stabilis et semper duratura”).
Per questo fine il Papa ribadì che i Portoghesi avessero assoluta potestà nella terraferma della Guinea, nelle isole di Madeira, di Porto Santo, nell'isola Deserta, e in tutte le isole dette Le Azzorre, cioè degli Sparvieri, e isole Florum e
“...anche nelle isole dette di Cabo Verde, cioè del Promontorio Verde, e nelle isole che ora si scoprono e in qualunque altra isola che successivamente sarà scoperta e occupata al di qua e al di là delle Isole Canarie, di fronte alla Guinea, così come qualunque cosa è stata scoperta o sarà pure acquisita entro detti termini, così come ciò che è stato trovato e scoperto rimanga di appartenenza ai suddetti: al re e al principe del Portogallo...”.
Dopo la pace del 1479 il Portogallo continuò con successo le sue ricerche per trovare la via delle spezie con la Circumnavigazione dell'Africa, mentre la Spagna conduceva a termine la Reconquista con la Caduta di Granada nel 1492 ed era pronta a permettere a Colombo di scoprire nuove terre e una via occidentale verso l'Asia, gareggiando con il Portogallo.
Protagonista di questi eventi fu Innocenzo VIII. Su di lui è stato cancellato molto, forse all'epoca fu un papa troppo scomodo e il suo successore procedette a una Damnatio Memoriae.
Per mancanza di documenti è stato detto di tutto e di più, anche di strampalato, su di lui e sui rapporti forse intercorsi tra il medesimo e Colombo: erano padre e figlio? Il primo fu il principale finanziatore del secondo?
Si può solo affermare che durante il suo pontificato si assistette agli antefatti di quegli episodi di svolta, di cui sarà poi protagonista il suo successore Alessandro VI e che inaugureranno una nuova era.
È lo stesso Innocenzo VIII a rendersi conto di questo, sottolineando con soddisfazione i progressi della nazione “Portugallia, quae fortissima et devotissima existit”, e con la Bolla “Charissimus in Christo” dell'anno 1485 concesse un' ampia indulgenza a coloro che avessero aiutato le imprese belliche di Giovanni II con i Saraceni.
Roma e Cristoforo Colombo
Fin dagli inizi della sua avventura Colombo si sentì un destinato dalla Provvidenza Divina alla sua missione: si definiva una sorte di missionario, che agiva in nome dei suoi Sovrani nella scoperta ed evangelizzazione di Nuove Terre, le cui ricchezze sarebbero servite anche per finanziare la crociata contro il Turco. La crociata e l'evangelizzazione ritornano quindi di nuovo in auge.
Anche se al momento della Scoperta ormai era noto a tutti con il nome nobile ispanico di Cristobal Colon, il nome italiano di Cristoforo Colombo assumeva sempre in lui un significato religioso. Cristoforo viene dal Greco e significa “Portatore di Cristo”: infatti egli si firmò sempre così “XPOFERENS”. Colombo non è nient'altro che il maschile di colomba, colei che rappresenta lo Spirito Santo. Il legame quindi con Roma fu evidente fin dagli inizi dei suoi viaggi.
Si è parlato di un suo rapporto anche finanziario con Innocenzo VIII, frutto di future ricerche.
Nella prima lettera del “Libro De Copiador”, un manoscritto scoperto di recente e pubblicato nel 1989, datata Lisbona, 4 Marzo 1493 ed indirizzata ai Re Cattolici Colombo dice:
“ ...Anche la Chiesa di Dio deve occuparsi di ciò; deve far giungere ai prelati e devoti e saggi religiosi; e poiché la cosa è così grande e di tal qualità che è giusto che provveda il Santo Padre prelati che siano assai lontani dalla cupidigia di beni temporali e adattissimi al servizio di Dio e di Vostra Altezza, pertanto Voi, che nella lettera che scriverà su questa vittoria, gli chiediate un cardinalato per mio figlio e che anche se non è in età giusta, gli si dia ugualmente perchè c'è poca differenza fra la sua età e quella del figlio dello Studio dei Medici di Firenze, a cui fu dato il cappello cardinalizio senza che avesse servito e senza che abbia offerto così grande onore alla cristianità; e che mi conceda la grazia della lettera a questo scopo, in modo che io la mandi a chiedere. ...”
Qui Colombo chiede al Papa attraverso l'intercezione dei Sovrani un cardinalato per il figlio Diego, come beneficio famigliare senza nessuno scopo religioso, un po' come era stato fatto con un figlio dei Medici di poco più grande dello stesso suo figlio.
L'indicazione è chiarissima: questo figlio dei Medici è Giovanni De Medici, figlio di Lorenzo Il Magnifico, il futuro Leone XIII, che nel 1492 proprio grazie ad Innocenzo VIII a soli 17 anni divenne cardinale senza possedere nessuna vocazione religiosa.
La lettera è fondamentale perché cita l'idea dell'evangelizzazione di nuovi popoli, che sarebbero diventati importanti alleati nella lotta contro il Turco.
Le idee di Colombo erano in linea con la politica della Santa Sede fin dai tempi della Romanus Pontifex e il navigatore faceva intendere di agire anche in nome dei Sovrani Cattolici, che portando questo nome, avevano il dovere di garantire, ad maiorem Dei gloriam, la diffusione della fede cristiana fra tutti i popoli, predisponendo a tal fine, in ossequio a un disegno provvidenziale, tutto l'armamentario giuridico e teologico elaborato dalla Penisola Iberica con la Reconquista, appena conclusa.
L'idea della Crociata e della presa di Gerusalemme erano temi usuali alla corte spagnola.
I Re Cattolici portavano tra i loro titoli quello di “Sovrani di Gerusalemme” e a corte erano circolate voci profetiche grazie anche alle profezie di un certo Arnau da Villanova, che seguendo le linee di Gioacchino da Fiore, tra il XIII e il XIV secolo aveva assegnato ai sovrani
aragonesi un ruolo escatologico, in cui rientravano il rinnovamento della Chiesa , la conquista di Gerusalemme e la creazione di un impero mondiale.
Quando Colombo arrivò a corte negli anni '80 del XV secolo queste teorie erano già abbondantemente diffuse a corte: si credeva che Ferdinando fosse l'ultimo imperatore universale prima della fine del mondo e sotto di lui Gerusalemme sarebbe stata ripresa.
Inoltre ogni evento della vita di Colombo era dovuto all'intervento della mano di Dio, che aveva indicato la Castiglia come colei che era adatta a patrocinare l'impresa.
Sia nella sua personalità sia nelle sue lettere emerge quindi il suo forte legame con la religione e con Roma.
Durante la sua vita si sposò una sola volta e al di fuori del matrimonio ebbe forse solo una storia con una donna, con cui concepì il suo secondo figlio Ferdinando, che egli con affetto riconobbe subito, e a cui offrì soldi per vivere e per far crescere bene il proprio bambino.
Egli detestava il concubinaggio dei suoi uomini durante il governo di Hispaniola e negli ultimi anni della sua vita preferiva stare più con i frati che con le donne.
La sua personalità fu mistica e religiosa al tempo stesso: in certe cerimonie si sentiva un certo imbarazzo o un senso d'iralità a vederlo vestito con l'abito da francescano e legato con i ceppi durante le sue esibizioni mistiche.
Il Colombo, uomo cattolico Romano, esterna più volte fedeltà al Papa, che è riconosciuta nell'atto di maggiorasco del 22 Febbraio 1498, dove obbliga suo figlio ed erede Diego a utilizzare le ricchezze acquistate anche per la crociata contro gli infedeli, e addirittura per venire in soccorso
al Papa, qualora uno scisma nella Chiesa lo avesse a minacciare la perdita del suo grado e dei suoi beni temporali.
Inoltre al figlio Diego raccomandò sempre di mantenere aperti con la sua famiglia tre contatti principali: la Corona, il Banco di San Giorgio e al Papato appunto.
Nelle lettere il legame con il Cristianesimo emerge attraverso parole Cristianità, Santa Chiesa e Santa Fede. Per esempio la parola Cristianità è un termine storico-politico molto usato da Colombo. In passi del suo Giornale di Bordo la parola è ripetuta più volte.
A parte l'idea della Crociata e della presa di Gerusalemme, che sono puri e semplici ideali per attuare il suo progetto e per ricevere i giusti finanziamenti, si possono sottolineare due punti significativi:
1) Colombo prese possesso delle Nuove Terre in nome dei Re di Spagna.
2) Colombo prese a cuore la conversione al Cristianesimo dei Nuovi Popoli scoperti.
Il primo punto portò irrimediabilmente allo scontro tra Spagna e Portogallo, che rivendicava il possesso di alcune terre secondo le Bolle di Niccolò V e Sisto IV: lo stesso Colombo ne subì le conseguenze, perchè al ritorno dal primo viaggio Giovanni II lo tenne prigioniero a corte.
Venivano messe in discussioni le bolle precedenti e bisognava trovare un accordo pacifico tra i due Stati Cristiani con l'intervento della mano ferma di Alessandro VI, che divenne l'arbitro della contesa con un ruolo maggiore rispetto a quello che era stato dei suoi predecessori, perchè queste terre era nuove e fin da ora non erano appartenute a nessuno.
La Chiesa era sempre intervenuta tra le contese dei sovrani per questioni territoriali sia in Italia sia in Europa, attribuendo con difficoltà però territori di vecchia data a quello o all'altro sovrano.
Ora la questione era più semplice, perchè c'erano da distribuire in feudo nuovi domini.
Alessandro VI tenne conto delle indicazioni di Colombo, che ingannava il Sovrano del Portogallo e agiva per la Castiglia.
Il secondo punto invece era di assoluta competenza della Chiesa e fu una conseguenza del primo.
Fra il maggio e il settembre 1493 Alessandro VI emanò cinque bolle frutto di un lungo lavoro diplomatico con i due stati.
La più importante di queste, la seconda Inter Caetera del 4 Maggio, auspicando “che la fede cattolica, la religione cristiana sia esaltata e si diffonda in ogni luogo e che si procuri la salvezza delle anime e che i popoli barbari siano vinti e condotti alla fede”, fissava infatti una linea immaginaria (o raya), che, passando a cento leghe “verso ovest e a sud di qualsiasi delle isole comunemente chiamate Azzorre e Capo Verde”, precisava il confine tra la zona di influenza portoghese e spagnola.
Poiché, però, questo tipo di partizione favoriva eccessivamente la Spagna, un negoziato diretto fra le due parti avrebbe condotto alla stipula del trattato di Tordesillas, firmato il 7 giugno 1494, quando Colombo stava compiendo il secondo viaggio, in base al quale la linea di divisione fu spostata a 370 leghe a ovest delle isole di Capo Verde, vale a dire all'altezza del 47º meridiano, per permettere ai navigatori portoghesi di compiere la circumnavigazione dell'Africa sulle rotte che avevano già cominciato a percorrere.
La Bolla Inter Coetera ebbe una forte importanza. Alessandro VI cercò in tutti i modi di favorire le pretese dei suoi connazionali e non si sprecò in elogi verso i Re Cattolici e verso Colombo, che la sua fama, ma anche i suoi lati negativi, si erano già diffusi a Roma attraverso le parole dei Domenicani e dei Francescani.
Inoltre si ricordano i meriti dei Re nella lotta contro gli infedeli e quelli di Colombo per la sua Scoperta. In più, oltre alla concessione in feudo delle nuove terre ai reali da parte del Papa, si parla di conversione al Cristianesimo dei nuovi popoli, che i Sovrani dovranno attuare in nome della Santa Chiesa Cattolica.
La Chiesa e il Nuovo Mondo dopo Colombo
Dopo l’esperienza di Colombo, Roma con i suoi pontefici si preoccupò di divulgare al mondo la nuova scoperta e continuò, attraverso le sue bolle, a intervenire sulle questioni territoriali e religiose del Nuovo Mondo.
In Italia lo Stato della Chiesa fu l’unica corte italiana, che capì l’importanza delle nuove esplorazioni, che si stavano verificando in quegli anni: questo era dovuto alla sua politica universalistica, uno dei più importanti capisaldi della missione apostolica della Chiesa, che si doveva infatti rivolgere a tutto l’ ”Orbs Terrarum”.
Dopo la morte di Alessandro VI fu compito di Giulio II e della sua corte di teologi di sottolineare l’importanza di tali eventi.
Non è solamente Colombo a sentirsi lo strumento attraverso cui si attuano le profezie di Isaia. È un cardinale della Chiesa, che interpreta il convergere di una vita culturale, che spezza antiche chiusure, con la compiuta conoscenza di questo mondo nel senso di una restaurazione dell’uomo.
Con questa interpretazione del mondo, in cui Terra e Cielo, nuovi cieli e nuove terre si mescolano, sembra concludersi, e in un certo modo si conclude davvero, un fenomeno di ampie proporzioni, che soprattutto in quell’ultimo mezzo secolo aveva riunito in una tensione collettiva il mondo europeo: anni difficili per lotte sanguinose, ma anni davvero colmi di novità e di scoperte.
L’età nuova annunziata dai predicatori, da colti umanisti, da spiriti riformatori, da papi promotori di crociate, era davvero in qualche modo arrivata; in un certo senso era persino giunta un’età dell’oro, anche se l’oro americano non era la risposta più adeguata ad una domanda così profonda.
La palingenesi però non era venuta e non verrà; così come non verranno né l’anticristo nell’imperatore degli ultimi tempi, né la pace o l’auspicata unità tra Cristiani.
Vecchio e nuovo mondo si sono appena avvicinati, ma l’Europa resta un teatro di lotte e l’America sfuma i suoi contorni in una ben precisa lontananza.
Con il pontificato Giuliano, identificato con la quercia dei Della Rovere, ormai siamo giunti a una nuova età, che però ha ereditato ancora le vecchie concezioni.
Giulio II fu il papa del Quinto Concilio Lateranense (3 Maggio 1512), dove si ribadiva la concezione teocratica della Chiesa. Egli fu l’ultimo pontefice a credere in questa concezione ancora medievale: dopo di lui non sarà più possibile, poiché la Storia aveva preso un corso diverso.
Infatti Giulio II fu l’ultimo papa, che, seguendo tale concezione, s’inserì nelle lotte tra Spagna e Portogallo che continuavano dopo la ratifica delle Bolle Alessandrine.
Egli ratificò il Trattato di Tortedillas con la Bolla “Ea Quae “ del 24 Gennaio 1506, con la quale i Portoghesi videro confermati i vantaggi loro derivanti dal trattato del 1494 e furono cautelati da eventuali tentativi spagnoli di rimettere in vigore le concessioni di Alessandro VI per limitare la loro espansione in Oriente.
Questa fu la sesta e l’ultima delle bolle pontificie, dove la Chiesa pose fine ad interventi nel campo territoriale. Ma fu una Bolla che aprì la strada ad una concezione laica del Diritto Internazionale.
La Bolla di Giulio II fu confermata dal suo successore Leone X (al secolo Giovanni De Medici, papa dal 1513 al 1521), continuatore del Concilio Lateranense, che si concluse nel 1517 e sostenitore quindi delle concezioni del suo predecessore, che, con la Bolla “ Praecelsae Devotionis “ del 1514, garantì al Portogallo il diritto di possesso su tutte le terre strappate ai pagani, non solo in Africa e in India, ma su qualsiasi altra parte del globo che fossero riusciti a raggiungere via mare: la vecchia linea di demarcazione rimaneva così valida soltanto per l’Atlantico e andava intesa solo come linea di demarcazione della rotta che ogni nave poteva seguire per raggiungere le Indie.
Ma l’autorità degli Stati Nazionali viene ormai ad emergere come un fatto incontestato, che va ben oltre i piccoli arrangiamenti, per diventare la struttura portante del nuovo diritto internazionale.
Infatti pochi anni dopo, a cominciare dal re di Francia Francesco I, le realtà politiche e economiche, rimaste escluse da questo tipo di suddivisione, avrebbero iniziato a contestare la
legittimità del diritto d’intervento del pontefice in materia profana, con particolare riguardo alle bolle emanate in seguito alla scoperta e ai principi giuridici che le sostenevano.
Il Nuovo Mondo non era più solo di Spagnoli e Portoghesi, ma in esso erano arrivati anche, dal Cinquecento in poi, francesi, inglesi e olandesi, che non si preoccuparono minimamente delle direttive papali.
La Chiesa si rese conto già con il vecchio Della Rovere che il mondo era cambiato e le vecchie concezioni stavano tramontando, soprattutto all’alba della Riforma Protestante e dell’episodio tragico del Sacco di Roma del 1527, che fecero entrare la Chiesa sotto l’ombra del gioco spagnolo: il legame tra Roma e la Spagna si fece più saldo anche per le questioni sul Nuovo Mondo.
Dal XVI secolo essa emanò varie bolle che si preoccuparono essenzialmente del reclutamento del clero, della fondazione di nuove diocesi nel nuovo continente, della Evangelizzazione del nuovo Mondo e del dibattito sulla Schiavitù degli indios, ma non si occupò più di confini territoriali.
Ma è stato notato che da Giulio II in poi le Americhe suscitarono poco interesse da parte della Chiesa, impegnata di più sul fronte italiano ed europeo, ormai ridotta a una sorte di Principato Italiano, per via dei suoi possedimenti temporali.
Inoltre c’era una difficoltà nei funzionari romani di avere notizie fresche sulle nuove esplorazione. Le bolle seguenti dimostrano che gli stessi pontefici fossero ignoranti sulla Geografia delle Americhe.
La stessa missione pastorale della Chiesa venne rimandata e non venne affrontata subito seriamente, né durante il concilio Lateranense del 1512, dove per la prima volta furono presenti tre membri della gerarchia ecclesiastica americana, né durante il Concilio di Trento.
Solo nel 1622 Gregorio XV (al secolo Alessandro Ludovisi, papa dal 1621 al 1623) con la Bolla "Inscrutabili Divinae" del 22 giugno 1622, e con altri documenti successivi, costituì la Congregazione "De Propaganda Fide".
Il compito specifico della Congregazione era (ed è ancora oggi) la propagazione della fede nel mondo intero, con la specifica competenza di coordinare tutte le forze missionarie, di dare direttive per le missioni, di promuovere la formazione del clero e delle gerarchie locali, di incoraggiare la fondazione di nuovi Istituti missionari ed infine di provvedere agli aiuti materiali per le attività missionarie, promuovendo l'avvio di opere di pubblica utilità.
La nuova Congregazione divenne in tal modo lo strumento ordinario ed esclusivo del papa per l'esercizio di giurisdizione su tutte le missioni e la cooperazione missionaria. I cardinali della congregazione non si occuparono affatto del Nord America e menzionarono poco le Indie e il Brasile, terre lontane dei domini spagnoli e portoghesi.
La Chiesa fin dal principio tese solo a sottolineare l’importanza delle nuove scoperte e intervenne negli affari religiosi soprattutto dei domini di Spagna e Portogallo.
La Spagna fu la prima che iniziò il processo di evangelizzazione nel Nuovo Mondo.
Già nel 1504 Giulio II con una Bolla concesse ai sovrani di Spagna la possibilità di creare tre vescovati nelle Indie, il cui compito era convertire “infedeli et gentes barbaras ad fidem Christi” e amministrare “sacramenta ecclesiastica ac alia spiritiualia eisdem ac omnibus aliis Christianis in illis pro tempore degentibus”.
I sovrani di Spagna la lasciarono cadere in favore di un’altra Bolla, di quattro anni più tardi, la “Universalis Ecclesiae Regimini” del 28 Luglio 1508, che divenne il fondamento legale del
cosiddetto “Patronato”, una vera e propria delega in perpetuità che il papa concedeva alla Spagna sul governo ecclesiastico delle Indie.
Pochi anni più tardi papa Adriano VI (Al secolo Adriaan Florensz Dedel, papa dal 1521 al 1523) risolveva il problema del reclutamento del clero missionario nelle Indie con la Lettera “Exponi Nobis Fecisti” al suo discepolo Carlo V, meglio nota come Bolla “Omnimoda”, del 10 Maggio 1522, con la quale affidava le Indie, tenendo presente soprattutto il caso del Messico, al dominio dei francescani, il primo ordine che era partito al seguito di Colombo.
Dopo questo primo gruppo si moltiplicheranno lungo XVI secolo gli arrivi di missionari francescani, domenicani, agostiniani, gesuiti, mercedari ed altri.
Per quanto riguardava i nuovi possedimenti francesi ed inglesi la chiesa li sottopose, a partire dal 1622, a Propaganda, sorta proprio allo scopo di centralizzare e coordinare l’attività missionaria.
A questo proposito, interessante è quindi analizzare l’argomento dell’Evangelizzazione Spagnola, che come si è già visto parte nel momento di finanziare l’impresa di Colombo, quando la regina Isabella spera di condurre altri popoli alla vera fede e non bada né a spese né a difficoltà per onorare gli impegni assunti con Papa Alessandro VI (1492-1503), che aveva concesso ai sovrani il diritto di patronato sulle nuove terre in cambio di precisi doveri di evangelizzazione.
Ne consegue uno spiegamento missionario senza precedenti, che dà presto una nuova configurazione alla realtà ecclesiale universale, proprio nel momento in cui le convulsioni religiose in Europa provocavano gravi divisioni nella Cristianità.
Protagonisti di questa epopea sono innanzitutto i missionari - altamente selezionati e dotati di grande libertà d’iniziativa di fronte alle autorità civili - , quindi la Corona spagnola, cioè i sovrani e gli organi di governo, fra cui il Consiglio delle Indie, infine tutti gli spagnoli giunti nel continente - conquistadores e coloni - , i quali, nonostante i limiti del loro operato, erano consapevoli di aprire la strada alla diffusione del messaggio di Cristo.
L’azione evangelizzatrice opera in tre direzioni convergenti: l’irradiazione della fede e della cultura cristiana, il salvataggio delle lingue e delle tradizioni del continente americano, la civilizzazione delle popolazioni locali.
Sotto il primo aspetto i missionari fanno fruttificare i semi di religiosità presenti nelle credenze dei popoli indigeni attraverso l’elaborazione di nuovi metodi di catechesi, la creazione di parrocchie di indios, dove costoro venivano istruiti nella verità della fede cristiana e ricevevano i sacramenti, e la preparazione di catechismi bilingui o pittografici.
Di fronte al lento progresso dell’evangelizzazione dei primi anni -rivolta a popoli idolatri e lontani culturalmente dalla mentalità europea- i missionari comprendono che è necessario conoscere a fondo la mentalità e la cultura indigena per presentare il Vangelo nel modo più adeguato. Con un lavoro di autentica premessa all’inculturazione essi studiano le istituzioni, gli usi e i costumi degli indios, raccolgono con amore le testimonianze culturali amerinde più antiche - dando inizio alla moderna etnografia - e apprendono gli idiomi locali, dedicandosi anche alla stesura di grammatiche, di vocabolari e di frasari di conversazione. In questo modo fanno compiere alle lingue indigene, fino ad allora soltanto orali, un incommensurabile salto qualitativo, elevandole all’astrazione della scrittura alfabetica, che dà loro la possibilità di superare l’arcaica struttura che le caratterizzava e di pervenire alla cultura riflessiva.
Infine, i conquistadores e i missionari procedono a un vero e proprio atto di fondazione, erigendo città e creando istituzioni di governo, e realizzano una fondamentale opera di civilizzazione, analoga a quella compiuta dalla Chiesa in Europa durante il Medioevo cristiano. Costruiscono case e chiese, promuovono l’agricoltura e l’allevamento degli animali, creano scuole di arti e mestieri, aprono ospedali - il primo di questi, fondato in Messico da Cortés, nel 1521, è attivo
ancor oggi - e numerosissimi centri di carità, fondano collegi e università, la prima delle quali a Santo Domingo, nel 1538, a meno di cinquant’anni dalla scoperta.
L’integrazione fra vincitori e vinti è annunciata dall’apparizione della Vergine Maria all’indio Juan Diego (1474-1544) nel dicembre 1531, sulla collina di Tepeyac, presso Città di Messico, appena dieci anni dopo l’impresa di Cortés.
Conclusioni
La Chiesa, secondo la concezione teocratica gregoriana, si arrogò, fin dai tempi più antichi, il diritto di tracciare confini, di conferire ampi e vasti territori ai sovrani cristiani e di dettare le regole della Geografia Medioevale.
Inoltre, in quanto destinata da Cristo, si fece portavoce dei valori dell’Evangelizzazione di nuove terre, scopo principale della sua missione terrena, grazie alla quale si era diffuso il Cristianesimo, e della Crociata contro gli infedeli.
Non a caso è lo stesso Papa Urbano II, figlio delle tesi gregoriane, che con le sue bolle, allo stesso tempo, promosse la crociata e conferì alla Chiesa il dominio su tutte le isole del Mondo.
La concezione teocratica, che ebbe in sé il concetto di Crociata, di Evangelizzazione e di Dominio del Mondo, raggiunse la sue più solide basi nel Duecento.
Questo fu il secolo, in cui attraverso la figura del papa genovese Innocenzo IV e quella del filosofo San Tommaso d’Aquino, si venne a definire definitivamente il concetto di Guerra Santa contro gli infedeli e i miscredenti ed iniziarono le prime missioni in Oriente, da cui arrivò la Leggenda del Prete Gianni.
Ma fu anche il secolo in cui si dette l’avvio ai primi viaggi nell’Atlantico, dopo che la sconfitta di San Giovanni d’Acri nel 1291 aveva fatto cadere le speranze degli europei di recuperare le terre sante da Occidente.
L’obiettivo era di recuperare Gerusalemme da Oriente attraverso l’aiuto di alleati, come il Prete Gianni o lo stesso Sovrano dei Mongoli.
Ma è solo con il Quattrocento che si realizzò la grande Espansione Europea: la paura del Turco, che incombe ad oriente, portò in primis i Portoghesi e poi gli Spagnoli a cercare una nuova via a Occidente per raggiunger le Indie ricche di spezie.
I Portoghesi dettero l’avvio alla circumnavigazione dell’Africa, mentre gli Spagnoli, attraverso la figura di Colombo, pensano di trovare l’Oriente attraverso l’Occidente. Il navigatore genovese riprese le idee di Papa Fieschi e, attraverso l’idea della Crociata e della conversione di nuove genti per la conquista di Gerusalemme a nome della Spagna, convinse i Re Cattolici a dare l’avvio al suo progetto.
Intanto la Chiesa si era emancipata dalla tutela ingombrante della Francia, era tornata a risiedere a Roma e durante i concili dei primi anni del XV secolo aveva ripreso in vigore le vecchie concezioni teocratiche gregoriane, affermando il primato assoluto del Papa.
Tutti i pontefici di questa età, quasi tutti di origine ligure con eccezioni di due pontefici spagnoli e di uno fiorentino, promossero le nuove scoperte e risolsero, con le loro bolle, i conflitti tra i due protagonisti di queste, la Spagna e il Portogallo.
Sul trono pontificio ci sono catalani e genovesi, che con le loro fitte reti parentali, dominano la Storia del Mediterraneo.
Il genovese Innocenzo VIII governò il pontificato proprio durante gli anni in cui Colombo progettò la sua impresa: il nome, che si scelse, rimanda subito al suo omonimo concittadino e pontefice del XIII secolo, attraverso il quale rimise in vigore gli ideali della Crociata.
Ma è Alessandro VI, il papa catalano, che cambiò i destini del Mondo: risolse le questioni tra Portogallo e Spagna, tracciando una semplice linea di demarcazione sull’Atlantico e dette le indicazioni alla Spagna sui metodi di evangelizzazioni degli Indios.
Con Giulio II e Leone X si chiuse la seconda era teocratica della Chiesa: stavolta per sempre.
All’alba della Riforma Protestante, che divise l’Europa, ormai non più sotto il segno di Roma, la Chiesa non si poté più permettere d’intervenire nelle questioni territoriali degli Stati Nazionali, ormai forti e indipendenti da qualsiasi potere secolare.
Inoltre Inglesi, Francesi e Olandesi, rimasti fuori dal dominio del Nuovo Mondo, rivendicarono le loro scoperte e se ne infischiarono delle direttive papali.
La Chiesa dopo il sacco di Roma era ormai sotto l’egida spagnola, che dal 1580 con Filippo II dominava anche in Portogallo: essa non può che intervenire solo nella fondazione di nuove diocesi nel Nuovo Mondo, sui missionari e sul dibattito forte, che in Spagna si stava creando a favore degli Indios ad opera del Las Casas.
La sua tutela riesce a raggiungere solo i domini spagnoli e portoghesi, soprattutto i territori dell’America Latina, dove la spada spagnola si accompagnò alla croce romana, così come sta accadendo con le guerre di religione in Europa.
Quindi ormai la Chiesa, dal XVI secolo, tende a concentrarsi sulla sua missione pastorale: la fondazione della Propaganda nel 1622 servì a questo scopo; ancora oggi tutte le missioni della Chiesa sono regolate da questa.
La meravigliosa opera dell’Evangelizzazione Cristiana sul Nuovo Mondo era iniziata e non si fermò più: francescani in primis, domenicani, benedettini, agostiniani e gesuiti poi andarono come missionari nel Nuovo Mondo. Con essa due Mondi si sono incontrati e confrontati e si sono riuniti.
Ma essa non è riuscita ad evitare nessuna catastrofe: prima gli Indios e poi gli Africani sono stati sottoposti a umiliazioni disumane dai loro colonizzatori, che hanno ripercussioni ancora oggi.
La Chiesa si porta dietro uno dei più terribili pesi di coscienza, che la Storia non è riuscita a fermare.
Le bolle, che lei emana, denotano una fase di passaggio tra Quattrocento e Cinquecento: da bolle riguardanti questioni territoriali e religiose si passa a bolle di argomento, che riguardano solo la religione.
Il tono e le ideologie non cambiano però: il Papa, prima in quanto sovrano temporale e dopo in quanto unico delegato delle cose spirituali, si rivolge ai sovrani come il loro padre e il loro pastore ed invita loro a realizzare la missione della Chiesa di diffondere il messaggio cristiano nelle nuove terre. I concetti non cambiano, è la Storia del Mondo che ha visto nuovi eventi.
Da ciò capiamo come la Chiesa esista ancora ora: ha mantenuto il suo messaggio, ma rinnovandosi ed adattandosi ai tempi.
Ciò le ha permesso di continuare a esistere e a diffondersi in ogni parte del Mondo.
Il Nuovo Mondo quindi fu per lei un’occasione di crescita e di rinnovamento, ma anche di forti errori, ma che comunque le permise di entrare a contatto di una realtà, che fino ad allora era a lei ignota.