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La guerra d'Algeria

Il lungo periodo di scontri urbani, attentati, guerriglia e repressione che segnò la fine della presenza coloniale francese in Nordafrica e si concluse con l'indipendenza dell'Algeria. Il conflitto vide opporsi l'esercito francese e i Francesi d'Algeria da un lato e il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN, Front de Libération Nationale) assieme ad altri gruppi indipendentisti dall'altro.

Nelle prime ore della mattina del 1º novembre 1954, guerriglieri del FLN eseguirono molteplici attacchi organizzati in varie parti dell'Algeria contro installazioni militari, posti di polizia, magazzini e mezzi di comunicazione. Dal Cairo, il FLN emise via radio un comunicato in cui esortava il "popolo algerino" e i "militanti della causa nazionale" ad insorgere per la "restaurazione dello Stato algerino, sovrano, democratico e sociale, all'interno dei principi dell'Islam, e per il rispetto di tutte le libertà fondamentali senza distinzioni di razza e di religione".

Il ministro degli Interni francese, allora trentasettenne François Mitterrand, affermò che "la ribellione algerina può trovare un'unica forma terminale: la guerra". Toccò al primo ministro francese Pierre Mendès-France, che solo pochi mesi prima aveva portato a termine lo sganciamento della Francia dalle colonie dell'Indocina, stabilire il corso della politica francese per i cinque anni seguenti.

Il 12 novembre Mendès-France prese la parola all'Assemblea Nazionale e dichiarò che "non si può giungere a compromessi quando si tratta di difendere la pace interna della nazione, l'unità e integrità della Repubblica. I dipartimenti algerini sono parte della Repubblica Francese. Sono francesi da lungo tempo e sono irrevocabilmente francesi (...), tra loro e la Francia metropolitana non è concepibile alcuna secessione".

Dal punto di vista politico il FLN fece di tutto per persuadere - talvolta forzare - le masse algerine a sostenere la causa dell'indipendenza. Sindacati, associazioni professionali, organizzazioni studentesche e femminili vicine al FLN furono fondate per avvicinare vari segmenti della popolazione. Frantz Fanon, uno psichiatra originario della Martinica che era diventato il principale teorico politico del FLN, espose una sofisticata giustificazione intellettuale per l'uso della violenza al fine di ottenere la liberazione nazionale. Dal Cairo, Ahmed Ben Bella ordinò di liquidare i cosiddetti interlocuteurs valables, ossia quei rappresentanti indipendenti della comunità musulmana accettati dai francesi, attraverso i quali si sarebbe potuti giungere a compromessi o riforme all'interno del sistema.

Man mano che la campagna del FLN si diffuse per le campagne, molti coloni francesi dell'interno (i pieds-noirs) vendettero le loro proprietà e cercarono rifugio ad Algeri, dove si fecero sempre più forti le richieste di dure contromisure, tra cui la proclamazione dello stato di emergenza, la pena capitale per crimini politici e la denuncia di tutti i separatisti. Unità di vigilantes, sguinzagliate illegalmente dai coloni con la passiva complicità della polizia francese, furono incaricate di effettuare "cacce al topo" (ratonnades, che in questa accezione dispregiativa erano sinonimo di uccisione di arabi algerini) contro sospetti membri del FLN.

Nel 1955 gruppi di azione politica all'interno della comunità dei coloni francesi riuscì ad intimidire il governatore generale inviato da Parigi per risolvere il conflitto. Un grande successo fu la conversione di Jacques Soustelle, che arrivò in Algeria come governatore generale nel gennaio 1955 con la ferma determinazione di ristabilire la pace. Soustelle, già di sinistra ma poi convertitosi al gollismo, iniziò un ambizioso programma di riforme (il "Piano Soustelle"), destinato a migliorare le condizioni economiche della popolazione musulmana.

La politica del FLN si limitava ad attacchi contro obiettivi militari o governativi. Il comandante della regione di Costantina tuttavia decise che una veloce escalation era necessaria. L'eccidio di civili vicino alla città costiera di Philippeville nell'agosto 1955, da parte del FLN e di suoi sostenitori costò la morte di 123 civili, tra cui anziane donne e bambini e provocò la reazione di Soustelle che pretese misure più repressive contro i ribelli. Il governo affermò di aver ucciso 1.273 guerriglieri, mentre secondo il FLN furono in 12.000 a cadere vittima delle forze armate, della polizia e di gruppi di coloni. Dopo i fatti di Philippeville, Soustelle proclamò misure più dure e la guerra si fece totale. Nel 1956 le dimostrazioni dei coloni francesi obbligarono il governo francese ad accantonare ogni idea di riforme.

Il successore di Soustelle, il socialista Robert Lacoste, garantì all'esercito poteri di polizia eccezionali (una concessione di dubbia legalità in base alla legge francese) per contrastare la crescente violenza politica. Allo stesso tempo, Lacoste propose una nuova struttura amministrativa che avrebbe dato all'Algeria un certo grado di autonomia e un governo decentrato.

Il 20 agosto del 1956 a Ifri-Ouzellaguen, in una piccola abitazione berbera nella valle della Soummam, nel dipartimento di Bugia, si tenne il "Congresso della Soummam", dove si discussero e si posero le basi del futuro Stato algerino. Il testo che ne uscì costituisce la cosiddetta "Piattaforma della Soummam", fortemente ispirata dal pensiero politico di Abane Ramdane. Dal punto di vista organizzativo, la leadership interna del FLN decise di istituire un direttorio per sincronizzare le attività politiche e militari del movimento. La massima autorità del FLN fu eletta all'interno del Consiglio Nazionale della Rivoluzione Algerina (CNRA, Conseil National de la Révolution Algérienne), del quale il Comitato di Coordinamento e di Esecuzione (CCE, Comité de Coordination et d'Exécution), di cinque membri, costituiva l'esecutivo. Gli esterni, tra cui Ben Bella, erano al corrente della conferenza in corso ma non vi parteciparono.

Nell'ottobre 1956 l’aereo della Air Maroc che trasportava da Rabat a Tunisi quattro capi storici del FLN, venne intercettato, dirottato e costretto ad atterrare ad Algeri. Ahmed Ben Bella, Mohammed Boudiaf, Mohamed Khider e Hocine Aït Ahmed vennero arrestati e rimasero prigionieri fino alla fine del conflitto. Quest'azione indusse i leader ribelli rimasti ad un atteggiamento ancora più duro.

Durante il 1957 il supporto del FLN subì un certo indebolimento con l'allargarsi della spaccatura tra gli interni e gli esterni. Per arrestare il fenomeno, il FLN allargò il proprio comitato esecutivo fino ad includere Abbas, così come arrestò leader politici come Ben Bella. Il Fronte di Liberazione Nazionale convinse anche alcuni stati arabi e comunisti delle Nazioni Unite ad esercitare pressioni diplomatiche sul governo francese per negoziare un cessate il fuoco. L'intellettuale francese Albert Camus, nato in Algeria, cercò invano di persuadere entrambe le parti a lasciare per lo meno i civili da parte, ma fu ritenuto un pazzo dal FLN e un traditore dalla maggioranza dei pieds-noirs.

Durante il 1956 ed il 1957, l'ALN mise in pratica con successo la tattica della guerriglia, specializzandosi in imboscate e raid notturni per evitare il confronto diretto col fuoco francese. Con questo sistema, grazie anche alla copertura presso parte della popolazione rurale, le forze ribelli attaccarono pattuglie dell'esercito, accampamenti militari e posti di polizia, nonché fattorie di coloni, miniere e stabilimenti, così come mezzi di trasporto e infrastrutture di comunicazione. Il ricorso a rapimenti, uccisioni e mutilazioni nei confronti di militari e coloni francesi, sospetti collaborazionisti e traditori divenne sempre più diffuso. Inizialmente le forze rivoluzionarie attaccarono solo ufficiali musulmani compromessi col regime coloniale, mentre in seguito cooptarono o uccisero quei civili che semplicemente si rifiutavano di collaborare con loro. Durante il primo biennio del conflitto, i guerriglieri uccisero circa 6.000 musulmani e 1.000 non musulmani.

Pur essendo riuscita con successo a creare un'atmosfera di terrore e incertezza presso ambedue le comunità in Algeria, la tattica coercitiva dei rivoluzionari dimostrò che questi ultimi non erano ancora riusciti a provocare nelle masse della popolazione musulmana un sufficiente spirito di ribellione contro il potere coloniale francese. Gradualmente tuttavia FLN e ALN raggiunsero il controllo di certi settori della regione dell'Aurès, la Cabilia e altre regioni montagnose intorno a Costantina e a sud di Algeri e Orano. In questi luoghi, l'ALN istituì una semplice quanto efficace - seppur spesso temporanea - amministrazione militare capace di raccogliere tasse e cibo e di reclutare nuove forze. Nel frattempo, molti musulmani in tutta la nazione iniziarono a formare clandestinamente organizzazioni sociali, civili e giudiziarie, con ciò creando gradualmente l'assetto del nuovo stato.

Per aumentare l'interesse internazionale e francese sulla sua lotta, il Fronte di Liberazione Nazionale decise di estendere il conflitto alle città e di proclamare uno sciopero generale nazionale. La più notevole manifestazione della nuova guerriglia urbana fu La battaglia di Algeri, che iniziò il 30 settembre 1956 quando tre donne piazzarono delle bombe in tre luoghi diversi della città, tra cui l'ufficio centrale dell'Air France.

Il Fronte di Liberazione Nazionale riuscì a ottenere un successo politico, grazie alla sinistra francese che prima aveva sostenuto la tesi dell'Algeria francese e quindi aveva deciso di prendere le parti dell'FLN. Nello stesso periodo le truppe di Massu si scagliarono contro villaggi sospettati di offrire rifugio ai ribelli attaccandoli con truppe mobili e bombardamenti aerei (reminiscenza della tattica dei tedeschi contro la Resistenza francese ed utilizzando le tattiche apprese dai vietmin in Indocina) e rastrellarono circa 2 milioni di algerini in campi di concentramento. La notizia, amplificata dalla sinistra francese apparentemente dimentica dei metodi usati durante la resistenza antinazista, secondo cui per vincere la battaglia di Algeri l'esercito aveva operato con metodi brutali, tra cui il ricorso alla tortura, ebbe una vasta eco internazionale e pose in questione la stessa presenza francese in Algeria: la repressione della ribellione di una parte della popolazione algerina venne presentata come una guerra coloniale. Nonostante le lamentele dei comandi militari ad Algeri, il governo francese fu per mesi restio ad ammettere che la situazione in Algeria era ormai fuori controllo e che ciò che ufficialmente era stata descritta come un'operazione di pacificazione era degenerata in una grande guerra coloniale.

Le forze armate francesi applicarono spietatamente il principio della responsabilità collettiva ai paesi sospettati di ospitare, rifornire o collaborare con la guerriglia in qualunque modo. I villaggi che non erano raggiungibili dalle unità mobili furono soggetti a bombardamenti aerei. I francesi diedero inoltre avvio ad un programma per concentrare gran parte della popolazione rurale, compresi interi villaggi, in appositi campi sotto sorveglianza militare per impedire la collaborazione coi ribelli o, secondo i comunicati ufficiali, per proteggerli dalle estorsioni del FLN.

Nei tre anni in cui fu attuato il programma di sfollamento (1957-1960) oltre 2 milioni di algerini vennero sradicati dai loro paesi d'origine, principalmente nelle aree di montagna, e sistemati nelle aree pianeggianti, dove molti faticarono a ricostruire le proprie abitudini di vita economica e sociale. Le condizioni di vita nei campi erano dure. Centinaia di villaggi deserti vennero devastati e in centinaia di altri vennero distrutti campi e frutteti. Questi trasferimenti di popolazione non ebbero un grande effetto strategico per l'esito della guerra, ma le dirompenti conseguenze sociali ed economiche di questa drastica operazione si sarebbero fatte sentire per una generazione. Verso la fine del 1958 le forze francesi cambiarono tattica e si specializzarono in missioni distruttive contro le roccaforti dell'ALN. Nel corso dell'anno seguente il successore di Salan, il generale Maurice Challe, parve aver domato la resistenza dei ribelli. Ma gli sviluppi politici avevano già superato i successi militari francesi.

Le ricorrenti crisi di governo in Francia spostarono l'attenzione dell'opinione pubblica sull'intrinseca instabilità della Quarta Repubblica e aumentarono l'apprensione delle forze armate e dei coloni che la sicurezza dell'Algeria era minata dalla politica dei partiti. I comandanti dell'esercito si irritarono per quello che ritenevano un sostegno governativo inadeguato e incompetente agli sforzi militari di sedare la ribellione: negli ambienti militari era diffuso il timore che dopo l'Indocina (1954) si stesse avvicinando un'altra débacle e che il governo avrebbe ordinato un altro ritiro precipitoso, con ciò sacrificando l'onore della Francia alla convenienza politica. Molti videro nell'anziano generale de Gaulle, che non ricopriva cariche pubbliche dal 1946, l'unica figura carismatica capace di incoraggiare la nazione e di indirizzare il governo francese.

Charles de Gaulle nominò immediatamente un comitato incaricato di redigere la bozza di una nuova costituzione per la ventura Quinta Repubblica francese. La nuova carta costituzionale (che sarebbe stata proclamata nei primi mesi dell'anno seguente) conteneva già un'importante concessione: in base ad essa l'Algeria sarebbe stata non più parte integrante, bensì territorio associato alla Francia. Tutti i musulmani, incluse le donne, vennero registrati negli elenchi elettorali per partecipare ad un referendum sulla nuova costituzione, da tenersi nel settembre 1958.

L'iniziativa di de Gaulle minacciava il FLN con la prospettiva di perdere il sostegno da parte di quella (crescente) parte della popolazione musulmana che era stanca della guerra e che non aveva mai dimostrato se non un tiepido convincimento per un'Algeria totalmente indipendente. Come reazione, il FLN instaurò il Governo Provvisorio della Repubblica Algerina (GPRA, Gouvernement Provisionel de la République Algérienne), una sorta di governo in esilio retto da Abbas e con base a Tunisi. Prima del referendum, Abbas esercitò pressioni affinché il GPRA fosse internazionalmente riconosciuto, ottenendo ben presto non solo il riconoscimento da parte del Marocco, della Tunisia e di numerosi altri paesi arabi, ma anche da stati asiatici, africani, dell'Europa orientale e dall'Unione Sovietica.

Nel febbraio del 1959, de Gaulle venne eletto presidente della nuova Quinta Repubblica. De Gaulle visitò la città di Constantine in ottobre per annunciare il suo programma di cessazione della guerra e di creazione di un'Algeria strettamente legata alla Francia. L'appello del generale ai leader ribelli di cessare le ostilità e di partecipare alle elezioni fu disatteso con un deciso rifiuto. si moltiplicarono le pressioni internazionali per garantire l'indipendenza all'Algeria; dal 1955 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva toccato annualmente la questione algerina e le posizioni del FLN stavano guadagnando consenso. L'apparente intransigenza francese nel risolvere una guerra coloniale che teneva occupata metà delle sue forze armate destava anche preoccupazione negli alleati della NATO. In una dichiarazione del settembre 1959, de Gaulle rivide drasticamente la propria posizione ed espresse il concetto di "autodeterminazione", che considerò decisivo per ottenere un consenso maggioritario in un'Algeria formalmente associata alla Francia. A Tunisi Abbas riconobbe che quanto detto da de Gaulle poteva essere accettabile come base per una negoziazione, ma il governo di Parigi si rifiutò di riconoscere la legittimità del Governo Provvisorio come rappresentante della comunità araba algerina.

Asserendo di essere stati traditi da de Gaulle, i coloni, supportati da unità dell'esercito, organizzarono nel gennaio del 1960 un'insurrezione ad Algeri che ottenne in Europa il sostegno delle masse. Quando la polizia e l'esercito si avvicinarono, i coloni manifestanti eressero barricate per le strade ed espugnarono edifici del governo. Da Parigi de Gaulle fece appello all'esercito di rimanere leale e chiamò i francesi a sostegno della sua politica algerina in un appello televisivo. Gran parte dell'esercito diede ascolto al presidente e ad Algeri il generale Challe soffocò velocemente l'insurrezione.

Il fallimento della rivolta e la perdita di molti leader estremisti che furono imprigionati o trasferiti ad altre aree non dissuase tuttavia i coloni militanti: gruppi di guardie altamente organizzate e ben equipaggiate aumentarono le loro attività terroristiche, dirette sia contro gli arabi sia contro i francesi filogovernativi, man mano che la strada verso una pace negoziata ed un'autodeterminazione dell'Algeria trovava sempre più consensi. Alla ribellione del FLN contro la Francia si aggiunsero guerre civili tra estremisti nelle due comunità, nonché tra gli estremisti e il governo francese in Algeria.

Nel 1961 un referendum organizzato nella capitale algerina ebbe come esito una maggioranza a favore dell'autodeterminazione dell'Algeria; in seguito ad esso il governo francese iniziò segretamente delle negoziazioni col governo provvisorio di Abbas. Quando nel mese di aprile venne comunicato un imminente incontro franco-algerino, una parte delle sfere militari in Algeria si sentì tradita da de Gaulle dopo sette anni di dura lotta contro gli insurrezionalisti. Un gruppo di generali (Salan, Challe, Jouhaud e Zeller) contrario ai progetti di indipendenza per l'Algeria si mise quindi ad organizzare un colpo di stato.

Nella notte tra il 21 ed il 22 aprile 1961 i generali presero possesso dell'aeroporto, del municipio e del governatorato generale. Nel giro di tre ore tutti i punti chiave della città erano in mano dei golpisti. Il colpo di stato fu reso noto alla cittadinanza alle 7 di mattina, quando alla radio venne comunicato che "l'esercito ha preso il controllo dell'Algeria e del Sahara". Il giorno seguente il presidente de Gaulle comunicò in televisione che "un potere insurrezionale si è installato in Algeria in seguito ad un pronunciamento militare... vieto ad ogni francese e, soprattutto, ad ogni soldato di eseguire alcuno dei loro ordini". L'accorato appello di de Gaulle ebbe effetto e il colpo di stato fallì nei giorni successivi.

Il "putsch dei generali" costituì il punto di svolta nell'atteggiamento ufficiale verso la guerra d'Algeria. De Gaulle era ormai pronto a voltare le spalle ai coloni e l'esercito, che aveva perso prestigio in seguito al putsch, avrebbe mantenuto un profilo politico basso per tutto il resto del conflitto. I negoziati col Fronte di Liberazione Nazionale vennero riaperti nella città francese di Évian-les-Bains nel maggio 1961; dopo numerose false partenze il governo francese decretò infine che un cessate il fuoco avrebbe avuto effetto dal 19 marzo 1962. Nella loro forma definitiva, gli Accordi di Évian garantirono ai coloni uguale protezione legale rispetto agli altri algerini per un periodo di tre anni. Questi diritti includevano il rispetto della proprietà, la partecipazione alla vita pubblica e un largo elenco di diritti civili e culturali. Alla fine di tale periodo tutti i residenti in Algeria sarebbero però stati obbligati a diventare cittadini algerini o ad essere classificati come stranieri, con la conseguente decadenza dai diritti. Gli elettori francesi approvarono gli accordi di Évian con una maggioranza del 91% in un referendum tenuto nel giugno 1962.

Il 1º luglio del 1962 circa 6 milioni di elettori algerini, su un totale di 6,5 milioni, andò alle urne per il referendum sull'indipendenza. Il voto fu quasi unanime e de Gaulle proclamò l'Algeria indipendente il 3 luglio. Il governo provvisorio tuttavia fissò il 5 luglio, 132esimo anniversario dell'arrivo francese in Algeria, come festa nazionale dell'indipendenza.