Riflessioni sulla rivoluzione in Francia Edmund Burke |
Nel Congresso di Vienna si confrontarono due linee politiche contrapposte: coloro che volevano un puro e semplice ritorno al passato e quelli che sostenevano la necessità di un compromesso con la storia trascorsa; «Conservare progredendo» era la loro parola d'ordine. Questo contrapposto modo di pensare l'azione politica nasceva paradossalmente da un unico punto di origine ideale.
Nell'età della Restaurazione avanzava infatti una nuova concezione della storia che smentiva quella illuminista basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di libertà nella tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di un'Europa al di sopra delle singole nazioni, aveva determinato invece la ribellione dei singoli popoli proprio in nome del loro sentimento di nazionalità.
Dunque la storia non è guidata dagli uomini ma è Dio che agisce nella storia. Esiste una Provvidenza divina che s'incarica di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini ingenuamente si propongono di conseguire con la loro meschina ragione.
Da questa nuova concezione romantica della storia opera della volontà divina si promanano due visioni contrapposte: la prima è una prospettiva reazionaria che vede nell'intervento di Dio nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla sciagurata storia degli uomini. Napoleone è stato con le sue continue guerre l'Anticristo di questa apocalisse. Dio segnerà la fine della storia malvagia e falsamente progressiva ed allora agli uomini non rimarrà che volgersi al passato per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato. Si cercherà in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla Rivoluzione a Napoleone restaurando il passato.
Un'altra prospettiva, che nasce dalla stessa concezione della storia guidata dalla Provvidenza, è quella che potremo definire liberale che vede nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta di Dio che voglia far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di storia.
Questa nuova visione della storia intesa come espressione della volontà divina e quindi come base teorica dell'unione di politica e religione e della legittimità del potere politico per "grazia di Dio", aveva avuto, già prima della Restaurazione, i suoi principali teorici nell'anglo-irlandese Edmund Burke, nei francesi François-René de Chateaubriand e Louis de Bonald, e nell'italiano Joseph de Maistre.
Nelle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, pubblicate nel 1790, Burke mettendo a confronto la rivoluzione inglese del 1688 con quella francese vede nella prima una linea evolutiva che si era sviluppata per gradi nel rispetto delle tradizioni e questo
lascia libera la possibilità di nuovi acquisti, ma fornisce la garanzia assicurata di ogni acquisto
mentre la seconda gli appare come un evento caotico in cui si mescolano
leggerezza e ferocia, confusione di delitti e di follie travolti insieme
Nella stessa opera contesta il principio della sovranità popolare e della democrazia a cui contrappone la supremazia dell'aristocrazia e dell'ordine sociale legittimati dalla loro natura divina. Per lui le masse, che esprimono una maggioranza che scioccamente pretende di prevalere sulla minoranza mentre non sa distinguere il suo vero interesse, sono il sostegno del dispotismo e la Rivoluzione francese era perciò destinata a fallire poiché si era allontanata dalla grande e diritta via della natura.
Il Congresso di Vienna (1814-1815) fu la conferenza dei maggiori ambasciatori europei nella quale si ridisegnò la mappa del continente secondo i voleri degli stati vincitori. I princìpi fondamentali che informarono il congresso furono definiti come restaurazione, legittimità e equilibrio. Il primo prevedeva il ritorno alla situazione politica e ai confini del 1792. Il ritorno alla legittimità ripristinò le prerogative della nobiltà europea e delle famiglie regnanti. L' equilibrio, diceva che tutte le potenze dovevano avere uguale forza politica. Nel Congresso di Vienna vennero prese le principali decisioni dai delegati delle più grandi nazioni europee del XIX secolo (Austria, Prussia, Russia ed Inghilterra) che avevano reso possibile la definitiva sconfitta nella battaglia di Waterloo (in Belgio) di Napoleone Bonaparte, ossia: Handemberg (prussiano), Robert Stewart, Visconte Castlereagh (inglese), lo stesso zar Alessandro I e Metternich, grande diplomatico e politico austriaco che influì notevolmente nella configurazione geo-politica dell'Europa post napoleonica.
In principio frenato dalle pretese di Prussia e Russia che esigevano venissero loro annessi nuovi territori, fu decisivo l'intervento del francese Charles Maurice de Talleyrand-Périgord (ecclesiastico e diplomatico che passò la fase della rivoluzione e il dominio napoleonico, prima sostenendolo poi avversandolo, prodigandosi per l'ascesa al potere di Luigi XVIII), il quale, schierandosi a favore di Inghilterra e Austria, riuscì a far tornare sui propri passi le altre due potenze, che ritrattarono.
Il Congresso si basò su tre principi cardine:
- il principio di equilibrio: in base al quale nessuna potenza dovesse rafforzarsi eccessivamente a danno delle altre
- il principio di legittimità per il quale assiduamente combatté Talleyrand e che prevedeva il ritorno al potere di tutte quelle dinastie precedenti al dominio Napoleonico
- la cintura di Stati "cuscinetto" intorno alla Francia, per impedire la sua egemonia su tutta l'Europa
In seguito, si sancirono due alleanze: la Santa alleanza tra Russia, Austria e Prussia e la Quadruplice alleanza formata dalle precedenti nazioni più l'Inghilterra. Questa alleanza si basava sul principio di intervento: nel caso uno Stato avesse avuto dei problemi causati da disordini rivoluzionari che potevano contagiare gli altri stati questi si ritenevano in obbligo d'intervenire per sedare le rivolte. Al principio di non ingerenza negli affari interni di uno stato si sostituiva l'ideale della solidarietà internazionale da attuarsi con la periodica consultazione dei governi europei nei Congressi e tramite quello strumento di polizia internazionale che era la Santa Alleanza.
Dopo il congresso, la geografia politica del continente subì molte modifiche: la Repubblica di Genova fu annessa al Regno di Sardegna allo scopo di costituire un più efficace stato cuscinetto nei confronti della Francia; la Prussia ottenne la Renania; nacque il Regno dei Paesi Bassi; l'Impero russo acquistò posizione nel centro Europa annettendo Bessarabia, Finlandia e parte della Polonia; la Gran Bretagna acquisì il controllo di alcune isole ioniche (Corfù, Zante, Cefalonia); il Sacro Romano Impero non fu ricostituito e al suo posto venne creata la Confederazione Germanica, presieduta dagli Asburgo; quest'ultimi acquisirono definitivamente i territori della defunta Repubblica di Venezia, la quale andò a costituire col vecchio Ducato di Milano il Regno Lombardo-Veneto; nel resto della penisola furono ripristinati i precedenti stati, ossia il Ducato di Parma, il Ducato di Modena, il Granducato di Toscana, lo Stato della Chiesa e il Regno delle Due Sicilie. A Parigi, nel maggio 1814, si insedia il nuovo re Luigi XVIII, salutato da salve di cannoni.