Nato nel 742 da una delle più importanti famiglie del regno franco, aveva antenati illustri, tra cui il nonno, Carlo Martello, vincitore nella battaglia di Poitiers e suo padre, Pipino il Breve, primo re dei Carolingi.
Alla morte di Pipino il Breve nel 768, i suoi due figli Carlo Magno e Carlomanno si spartirono l'eredità. Al primo andarono il nord e l'Occidente della Francia più la bassa valle del Reno, mentre al secondo spettarono il sud e l'Oriente della Francia più l'alta valle del Reno. Quando Carlomanno morì nel 4 dicembre 771, all'età di soli 22 anni, Carlo Magno si ritrovò a governare il regno dei franchi unificato.
La prima fase di governo fu votata alla stabilizzazione del potere interno e alle conquiste militari. Una volta completata la prima fase si rivolse verso l'esterno dando il via ad una serie di campagne militari che lo porteranno a govrnare su una grossa fetta d'Europa.
Nel 771 d.C., per volere della madre, Carlo sposò Desiderata (resa celebre dall'Adelchi manzoniano con il nome di Ermengarda), figlia di Desiderio, re dei Longobardi. Il Papa all'inizio fu contrario al matrimonio, ma Bertrada ed il re longobardo gli fecero dono di alcune città dell'Italia Centrale rassicurandolo.
Nel 772 salì al soglio pontificio Adriano I, deciso a rinforzare l'alleanza con i franchi in funzione anti-longobarda. Adriano accusò il re longobardo di non aver rispettato i patti della consegna dei territori promessi (a causa della morte del Papa precedente). Desiderio così attaccò i territori pontifici. Carlo Magno, impegnato in quel momento contro i Sassoni, cercò di riappacificare la situazione donando numerosi tesori a Desiderio e sperando di riottenerne in cambio i territori strappati al papa. Il re longobardo rifiutò lo scambio e Carlo, che non poteva permettere che fosse appannato il suo prestigio come protettore del papato, mosse guerra ai Longobardi e invase l'Italia nel 773.
Sconfitto su tutti i fronti l'esercito longobardo e posta sotto assedio Pavia, Carlo, che guidava personalmente l'esercito, si recò a Roma e incoronato re dei franchi. Conquistata Pavia, Carlo si proclamò Gratia Dei rex Francorum et Langobardorum, ma lasciava le istituzioni, le leggi longobarde e i possedimenti ai duchi che avevano servito il precedente re.
Dopo questo successo l'esercito franco si diresse verso il Reno. Pipino il breve era riuscito ad imporre ai Sassoni un tributo e frenare la loro sete di saccheggio, ma nel 772 si erano rifiutati di pagare. Terminata la campagna d'Italia, l'esercito attraversò il Reno e sconfisse ripetutamente i Sassoni, conquistando stabilmente il territorio oltre il fiume. Riuscì anche là dove Cesare aveva fallito...
Nel 780 una nuova ribellione scoppiò nella regione e Carlo Magno, impegnato in Spagna nell'assedio di Saragozza, dovette accorrere in Sassonia per poter aver ragione dei rivoltosi. La zona venne smembrata in contee e ducati, che precedettero l'evangelizzazione della popolazione. I sassoni, riuscirono in seguito a riunificare le varie tribù sotto la reggenza di Vitughindo, che fu la vera e propria anima della resistenza. Nel corso del 785, la conquista procedette in modi sempre più repressivi, con la conversione forzata e la dispersione del popolo (soppressione di intere tribù a migrazione forzata). Lo stesso Carlo promulgò uno statuto d'occupazione chiamato Capitolare Sassone riassunto nella formula: "cristianesimo o morte". Molti sassoni vennero giustiziati e lo stesso Vitughindo venne battezzato.
Le altre importanti campagne furono quella in Baviera e contro gli Avari (Ungheria occidentale) che portò l'ampliamento ulteriore verso oriente.
Si mosse anche contro i musulmani cercando di conquiastare la Spagna in un progetto imperiale già sognato da Carlo Martello. L'intervento di Carlo Magno nella Penisola iberica fu tutt'altro che trionfale, e non priva di momenti dolorosi e gravi rovesci. Innanzi tutto Carlo cercò di inserirsi quale mediatore tra i vari emiri aragonesi in lotta tra loro nel 776. Si ebbe la morte di uno dei due figli gemelli nell'accampamento reale nei pressi di Saragozza, dai cui cristiani, per colmo d'ironia, non ricevette alcun aiuto, palese o segreto, vista l'assai maggior convenienza di costoro di rimanere sotto la sovranità islamica anziché cadere sotto il dominio del sovrano franco, la cui totale obbedienza al Papa romano metteva a rischio l'autonomia della Chiesa mozaraba, imponendo anche altri obblighi di non piccolo conto. Celeberrimo è, poi, l'episodio della rotta di Roncisvalle, dove la retroguardia franca subì un'imboscata da parte delle popolazioni basche (non dai musulmani), in seguito alla quale morì il conte Rolando (conosciuto anche con il nome di Orlando), suo conte palatino e duca della Marca di Bretagna e forse parente. La campagna spagnola ottenne, comunque, il risultato di favorire la creazione di una "marca spagnola" (corrispondente, più o meno, alla fascia pirenaica delle attuali Catalogna, Aragona e Navarra).
Politica e rapporti col papato
Generalmente, i re franchi si presentavano come naturali difensori della Chiesa cattolica, avendo restituito al pontefice ai tempi di Pipino, quei territori dell'Esarcato di Ravenna e della Pentapoli che per concezione comune erano creduti appartenenti al Patrimonio di San Pietro. Carlo sapeva bene che al Papa importava soprattutto ritagliare un sicuro territorio di sua pertinenza in Italia Centrale, libero da altri poteri temporali, compreso quello bizantino.
La morte di Papa Stefano III, diede mano libera a Carlo Magno per invadere l'Italia e liberarla dai Longobardi, appoggiando nei fatti, la politica del nuovo pontefice Adriano I. Molte volte, Adriano cercò di ottenere l'appoggio di Carlo riguardo le frequenti beghe territoriali che minavano lo Stato Pontificio.
Alla morte del pontefice nel 795, quando la notizia gli fu riferita, il sovrano scoppiò in pianto in un sincero cordoglio.
Assunse la tiara Papa Leone III che dovette immediatamente vedersela con la famiglia del defunto Adriano, che ne contestava l'elezione. La guerra sotterranea tra i Palatini e i nipoti dell'ex-pontefice scoppiò nel 799.
Mentre Leone guidava una processione per le vie di Roma, i due nobili Pascale e Campolo guidarono la rivolta: assaltarono la funzione e accecarono il Papa, staccandogli anche un pezzo di lingua. Secondo il Libro Pontificale i suoi sostenitori lo salvarono e a stento ripararono sul monte Celio. La notte stessa apparve in sogno al Papa l'Apostolo Pietro che gli restituì la vista e l'udito. Carlo Magno allora lo invitò a stretto giro di posta a Paderborn, sua residenza estiva in Westfalia. Secondo alcuni storici è durante questi colloqui riservati che il re franco propose al papa di incoronarlo Imperatore essendo già di fatto, padrone di gran parte dell'Europa. In cambio si prodigò per far cadere le accuse mosse al pontefice dalla nobiltà romana.
Nella messa di Natale del 25 dicembre 800 a Roma, il Papa Leone III incoronò Carlo imperatore, titolo mai più usato in Occidente dalla abdicazione di Romolo Augùstolo nel 476.
La Vita et gesta Caroli Magni (detta anche Vita Karoli, biografia del sovrano) racconta di come Carlo non intendesse assumere il titolo di Imperatore dei Romani per non entrare in contrasto con l'Impero Romano d'Oriente, il cui sovrano deteneva dall'epoca di Romolo Augusto il legittimo titolo di Imperatore dei Romani. Fu comunque un'incoronazione a scopo simbolico e di propaganda, che formalizzava il potere che Carlo di fatto deteneva.
L'Impero
Una volta che ebbe conquistato, Carlo Magno cercò di stabilizzare il governo nei territori controllati. L'Impero era suddiviso in circa 200 province e da un numero sensibilmente maggiore di vescovati. Ogni singola provincia era governata da un Conte, vero e proprio funzionario pubblico dell'Imperatore. La marca invece, era la circoscrizione fondamentale ai confini dell'Impero che poteva comprendere al suo interno più comitati. A livello centrale l'istituzione fondamentale dello stato carolingio era l'Imperatore stesso, poiché Carlo Magno era sommo amministratore e legislatore che, governando il popolo cristiano per conto di Dio, poteva avere diritto di vita o di morte su tutti i sudditi a lui sottoposti. Il consiglio dei ministri alle sue dipendenze era un organo puramente consultivo, costituito da rappresentanti laici ed ecclesiastici che aiutavano il sovrano nell'amministrazione centrale.
Liquidò il sistema monetario basato sul solido d'oro dei romani. Carlo (tra il 781 e il 794) estese nei suoi vasti domini un sistema monetario basato sul monometallismo argenteo: unica moneta coniata era il "denaro". Sotto il suo comando venne attuata sia una riforma della Chiesa (tramite una serie di provvedimenti per poter elevare, sia a livello qualitativo sia a livello comportamentale, il personale ecclesiastico operante nel regno. Carlo Magno era ossessionato dall'idea che un insegnamento sbagliato dei testi sacri, non solo dal punto di vista teologico, ma anche da quello "grammaticale", avrebbe portato alla perdizione dell'anima poiché se nell'opera di copiatura o trascrizione di un testo sacro si fosse inserito un errore grammaticale, si sarebbe pregato in modo non consono, dispiacendo così a Dio.), che una riforma della giustizia (tramite il superamento del principio di personalità del diritto, vale a dire che ogni uomo aveva diritto di essere giudicato secondo l'usanza del suo popolo).
I raaporti con il mondo bizantino furono saltuari, essando questo in crisi, e considerato il fatto che gli imperatori di Costantinopoli non riconoscevano il titolo di Carlo, ritenendo sé stessi continuatori della politica romana. Carlo tentò in ogni modo di mitigare le ire bizantine, con l'invio di importanti ambascerie e con l'espressione di un'estrema cordialità nelle sue missive. La cosa inizialmente non ebbe buon frutto e si avviò una lunga serie di vane scaramucce. Fu solo nell'812 che si giunse ad un accordo: Bisanzio riconosceva l'autorità imperiale di Carlo e quest'ultimo rinunciava, in favore di Bisanzio, al possesso del litorale veneto.
Nonostante il tentativo di conquistare la Spagna e l'appoggio dato ai cristiani rivoltosi nella penisola iberica, Carlo tessé una serie di importanti relazioni con il mondo musulmano. Corrispose anche con il lontano califfo di Baghdad Hārūn al-Rashīd, al quale chiese gli fosse concessa la protezione del Santo Sepolcro di Gesù a Gerusalemme e sulle carovane di pellegrini che vi si recavano. I due sovrani si scambiarono alcuni doni e, durante uno dei suoi molteplici viaggi in Italia, Carlo Magno ritirò a Pavia una scacchiera completa con pedine in avorio regalatagli dal califfo abbaside. Ad Aquisgrana, l'Imperatore alloggiava invece il regalo cui teneva di più: l'elefante chiamato Abū l-ʿAbbās, donatogli (forse su sua stessa richiesta) dallo stesso sovrano orientale. Carlo lo considerava come un ospite straordinario, da trattare con tutti i riguardi: lo faceva infatti tenere pulito e gli dava personalmente da mangiare e ci parlava. Probabilmente il clima gelido in cui il pachiderma era costretto a vivere lo fece deperire fino a condurlo alla morte per congestione. L'Imperatore ne pianse, e ordinò tre giorni di lutto in tutto il regno.
Negli ultimi anni di vita Carlo Magno aveva ormai perso il vigore della giovinezza e, stanco nel fisico e nello spirito, si era votato alle pratiche religiose. Questa svolta religiosa sembrò poi segnare l'esperienza al governo di suo figlio Ludovico, detto appunto "il Pio". Mentre sembrava che l'impero stesse fallendo per via della debolezza centrale e dell'arroganza dell'aristocrazia franca, Carlo morì, il 28 gennaio dell'814 ad Aquisgrana e sepolto nella cattedrale.
Seguendo la tradizione franca, non riteneva né fattibile né opportuno tenere unito un regno così vasto, per questo aveva previsto la spartizione del regno tra i suoi figli maschi alcuni anni prima della morte. Due di loro morirono e dovette affiancare a sé al governo il figlio Ludovico, nominandolo unico erede.
Alla morte di Pipino il Breve nel 768, i suoi due figli Carlo Magno e Carlomanno si spartirono l'eredità. Al primo andarono il nord e l'Occidente della Francia più la bassa valle del Reno, mentre al secondo spettarono il sud e l'Oriente della Francia più l'alta valle del Reno. Quando Carlomanno morì nel 4 dicembre 771, all'età di soli 22 anni, Carlo Magno si ritrovò a governare il regno dei franchi unificato.
La prima fase di governo fu votata alla stabilizzazione del potere interno e alle conquiste militari. Una volta completata la prima fase si rivolse verso l'esterno dando il via ad una serie di campagne militari che lo porteranno a govrnare su una grossa fetta d'Europa.
Nel 771 d.C., per volere della madre, Carlo sposò Desiderata (resa celebre dall'Adelchi manzoniano con il nome di Ermengarda), figlia di Desiderio, re dei Longobardi. Il Papa all'inizio fu contrario al matrimonio, ma Bertrada ed il re longobardo gli fecero dono di alcune città dell'Italia Centrale rassicurandolo.
Nel 772 salì al soglio pontificio Adriano I, deciso a rinforzare l'alleanza con i franchi in funzione anti-longobarda. Adriano accusò il re longobardo di non aver rispettato i patti della consegna dei territori promessi (a causa della morte del Papa precedente). Desiderio così attaccò i territori pontifici. Carlo Magno, impegnato in quel momento contro i Sassoni, cercò di riappacificare la situazione donando numerosi tesori a Desiderio e sperando di riottenerne in cambio i territori strappati al papa. Il re longobardo rifiutò lo scambio e Carlo, che non poteva permettere che fosse appannato il suo prestigio come protettore del papato, mosse guerra ai Longobardi e invase l'Italia nel 773.
Sconfitto su tutti i fronti l'esercito longobardo e posta sotto assedio Pavia, Carlo, che guidava personalmente l'esercito, si recò a Roma e incoronato re dei franchi. Conquistata Pavia, Carlo si proclamò Gratia Dei rex Francorum et Langobardorum, ma lasciava le istituzioni, le leggi longobarde e i possedimenti ai duchi che avevano servito il precedente re.
Dopo questo successo l'esercito franco si diresse verso il Reno. Pipino il breve era riuscito ad imporre ai Sassoni un tributo e frenare la loro sete di saccheggio, ma nel 772 si erano rifiutati di pagare. Terminata la campagna d'Italia, l'esercito attraversò il Reno e sconfisse ripetutamente i Sassoni, conquistando stabilmente il territorio oltre il fiume. Riuscì anche là dove Cesare aveva fallito...
Nel 780 una nuova ribellione scoppiò nella regione e Carlo Magno, impegnato in Spagna nell'assedio di Saragozza, dovette accorrere in Sassonia per poter aver ragione dei rivoltosi. La zona venne smembrata in contee e ducati, che precedettero l'evangelizzazione della popolazione. I sassoni, riuscirono in seguito a riunificare le varie tribù sotto la reggenza di Vitughindo, che fu la vera e propria anima della resistenza. Nel corso del 785, la conquista procedette in modi sempre più repressivi, con la conversione forzata e la dispersione del popolo (soppressione di intere tribù a migrazione forzata). Lo stesso Carlo promulgò uno statuto d'occupazione chiamato Capitolare Sassone riassunto nella formula: "cristianesimo o morte". Molti sassoni vennero giustiziati e lo stesso Vitughindo venne battezzato.
Le altre importanti campagne furono quella in Baviera e contro gli Avari (Ungheria occidentale) che portò l'ampliamento ulteriore verso oriente.
Si mosse anche contro i musulmani cercando di conquiastare la Spagna in un progetto imperiale già sognato da Carlo Martello. L'intervento di Carlo Magno nella Penisola iberica fu tutt'altro che trionfale, e non priva di momenti dolorosi e gravi rovesci. Innanzi tutto Carlo cercò di inserirsi quale mediatore tra i vari emiri aragonesi in lotta tra loro nel 776. Si ebbe la morte di uno dei due figli gemelli nell'accampamento reale nei pressi di Saragozza, dai cui cristiani, per colmo d'ironia, non ricevette alcun aiuto, palese o segreto, vista l'assai maggior convenienza di costoro di rimanere sotto la sovranità islamica anziché cadere sotto il dominio del sovrano franco, la cui totale obbedienza al Papa romano metteva a rischio l'autonomia della Chiesa mozaraba, imponendo anche altri obblighi di non piccolo conto. Celeberrimo è, poi, l'episodio della rotta di Roncisvalle, dove la retroguardia franca subì un'imboscata da parte delle popolazioni basche (non dai musulmani), in seguito alla quale morì il conte Rolando (conosciuto anche con il nome di Orlando), suo conte palatino e duca della Marca di Bretagna e forse parente. La campagna spagnola ottenne, comunque, il risultato di favorire la creazione di una "marca spagnola" (corrispondente, più o meno, alla fascia pirenaica delle attuali Catalogna, Aragona e Navarra).
Politica e rapporti col papato
Generalmente, i re franchi si presentavano come naturali difensori della Chiesa cattolica, avendo restituito al pontefice ai tempi di Pipino, quei territori dell'Esarcato di Ravenna e della Pentapoli che per concezione comune erano creduti appartenenti al Patrimonio di San Pietro. Carlo sapeva bene che al Papa importava soprattutto ritagliare un sicuro territorio di sua pertinenza in Italia Centrale, libero da altri poteri temporali, compreso quello bizantino.
La morte di Papa Stefano III, diede mano libera a Carlo Magno per invadere l'Italia e liberarla dai Longobardi, appoggiando nei fatti, la politica del nuovo pontefice Adriano I. Molte volte, Adriano cercò di ottenere l'appoggio di Carlo riguardo le frequenti beghe territoriali che minavano lo Stato Pontificio.
Alla morte del pontefice nel 795, quando la notizia gli fu riferita, il sovrano scoppiò in pianto in un sincero cordoglio.
Assunse la tiara Papa Leone III che dovette immediatamente vedersela con la famiglia del defunto Adriano, che ne contestava l'elezione. La guerra sotterranea tra i Palatini e i nipoti dell'ex-pontefice scoppiò nel 799.
Mentre Leone guidava una processione per le vie di Roma, i due nobili Pascale e Campolo guidarono la rivolta: assaltarono la funzione e accecarono il Papa, staccandogli anche un pezzo di lingua. Secondo il Libro Pontificale i suoi sostenitori lo salvarono e a stento ripararono sul monte Celio. La notte stessa apparve in sogno al Papa l'Apostolo Pietro che gli restituì la vista e l'udito. Carlo Magno allora lo invitò a stretto giro di posta a Paderborn, sua residenza estiva in Westfalia. Secondo alcuni storici è durante questi colloqui riservati che il re franco propose al papa di incoronarlo Imperatore essendo già di fatto, padrone di gran parte dell'Europa. In cambio si prodigò per far cadere le accuse mosse al pontefice dalla nobiltà romana.
Nella messa di Natale del 25 dicembre 800 a Roma, il Papa Leone III incoronò Carlo imperatore, titolo mai più usato in Occidente dalla abdicazione di Romolo Augùstolo nel 476.
La Vita et gesta Caroli Magni (detta anche Vita Karoli, biografia del sovrano) racconta di come Carlo non intendesse assumere il titolo di Imperatore dei Romani per non entrare in contrasto con l'Impero Romano d'Oriente, il cui sovrano deteneva dall'epoca di Romolo Augusto il legittimo titolo di Imperatore dei Romani. Fu comunque un'incoronazione a scopo simbolico e di propaganda, che formalizzava il potere che Carlo di fatto deteneva.
L'Impero
Una volta che ebbe conquistato, Carlo Magno cercò di stabilizzare il governo nei territori controllati. L'Impero era suddiviso in circa 200 province e da un numero sensibilmente maggiore di vescovati. Ogni singola provincia era governata da un Conte, vero e proprio funzionario pubblico dell'Imperatore. La marca invece, era la circoscrizione fondamentale ai confini dell'Impero che poteva comprendere al suo interno più comitati. A livello centrale l'istituzione fondamentale dello stato carolingio era l'Imperatore stesso, poiché Carlo Magno era sommo amministratore e legislatore che, governando il popolo cristiano per conto di Dio, poteva avere diritto di vita o di morte su tutti i sudditi a lui sottoposti. Il consiglio dei ministri alle sue dipendenze era un organo puramente consultivo, costituito da rappresentanti laici ed ecclesiastici che aiutavano il sovrano nell'amministrazione centrale.
Liquidò il sistema monetario basato sul solido d'oro dei romani. Carlo (tra il 781 e il 794) estese nei suoi vasti domini un sistema monetario basato sul monometallismo argenteo: unica moneta coniata era il "denaro". Sotto il suo comando venne attuata sia una riforma della Chiesa (tramite una serie di provvedimenti per poter elevare, sia a livello qualitativo sia a livello comportamentale, il personale ecclesiastico operante nel regno. Carlo Magno era ossessionato dall'idea che un insegnamento sbagliato dei testi sacri, non solo dal punto di vista teologico, ma anche da quello "grammaticale", avrebbe portato alla perdizione dell'anima poiché se nell'opera di copiatura o trascrizione di un testo sacro si fosse inserito un errore grammaticale, si sarebbe pregato in modo non consono, dispiacendo così a Dio.), che una riforma della giustizia (tramite il superamento del principio di personalità del diritto, vale a dire che ogni uomo aveva diritto di essere giudicato secondo l'usanza del suo popolo).
I raaporti con il mondo bizantino furono saltuari, essando questo in crisi, e considerato il fatto che gli imperatori di Costantinopoli non riconoscevano il titolo di Carlo, ritenendo sé stessi continuatori della politica romana. Carlo tentò in ogni modo di mitigare le ire bizantine, con l'invio di importanti ambascerie e con l'espressione di un'estrema cordialità nelle sue missive. La cosa inizialmente non ebbe buon frutto e si avviò una lunga serie di vane scaramucce. Fu solo nell'812 che si giunse ad un accordo: Bisanzio riconosceva l'autorità imperiale di Carlo e quest'ultimo rinunciava, in favore di Bisanzio, al possesso del litorale veneto.
Nonostante il tentativo di conquistare la Spagna e l'appoggio dato ai cristiani rivoltosi nella penisola iberica, Carlo tessé una serie di importanti relazioni con il mondo musulmano. Corrispose anche con il lontano califfo di Baghdad Hārūn al-Rashīd, al quale chiese gli fosse concessa la protezione del Santo Sepolcro di Gesù a Gerusalemme e sulle carovane di pellegrini che vi si recavano. I due sovrani si scambiarono alcuni doni e, durante uno dei suoi molteplici viaggi in Italia, Carlo Magno ritirò a Pavia una scacchiera completa con pedine in avorio regalatagli dal califfo abbaside. Ad Aquisgrana, l'Imperatore alloggiava invece il regalo cui teneva di più: l'elefante chiamato Abū l-ʿAbbās, donatogli (forse su sua stessa richiesta) dallo stesso sovrano orientale. Carlo lo considerava come un ospite straordinario, da trattare con tutti i riguardi: lo faceva infatti tenere pulito e gli dava personalmente da mangiare e ci parlava. Probabilmente il clima gelido in cui il pachiderma era costretto a vivere lo fece deperire fino a condurlo alla morte per congestione. L'Imperatore ne pianse, e ordinò tre giorni di lutto in tutto il regno.
Negli ultimi anni di vita Carlo Magno aveva ormai perso il vigore della giovinezza e, stanco nel fisico e nello spirito, si era votato alle pratiche religiose. Questa svolta religiosa sembrò poi segnare l'esperienza al governo di suo figlio Ludovico, detto appunto "il Pio". Mentre sembrava che l'impero stesse fallendo per via della debolezza centrale e dell'arroganza dell'aristocrazia franca, Carlo morì, il 28 gennaio dell'814 ad Aquisgrana e sepolto nella cattedrale.
Seguendo la tradizione franca, non riteneva né fattibile né opportuno tenere unito un regno così vasto, per questo aveva previsto la spartizione del regno tra i suoi figli maschi alcuni anni prima della morte. Due di loro morirono e dovette affiancare a sé al governo il figlio Ludovico, nominandolo unico erede.