La profezia di Malachia o profezia dei papi, sarebbe contenuta nel "Prophetia de Summis Pontificibus" redatta dallo stesso autore in cui attraverso un breve motto, descriverebbe le caratteristiche dei papi a partire da Celestino II, che ricoprì il soglio tra il 1143 e il 1144 in poi.
L'attribuzione è probabilmente apocrifa dato che il testo cominciò a circolare nel 1595, quasi 450 anni dopo la sua morte, pubblicato dal benedettino Arnold Wion nel suo "Lignum vitae". Ma soprattutto la circostanza che i pontefici anteriori al 1595 siano indicati con descrizioni assai precise (riferite ai loro stemmi, ai loro luoghi d'origine o ai loro nomi al secolo), mentre quelle sui papi successivi appaiono molto più vaghe e con maggiori possibili interpretazioni, depone per la non genuinità del documento.
Per fare alcuni esempi, il 110° papa, Giovanni Paolo II, reca il motto "De labore Solis" (la fatica del sole) adattabile a molte interpretazioni, riferibili al suo continuo viaggiare attorno al mondo, o alla sua provenienza (dall'est dove sorge il Sole), al periodo di intensa attività solare (dal 1940 in poi) iniziato durante la vita del papa, solo per citarne alcune.
Il papa successivo, indicato con "De gloria olivae" sarebbe Benedetto XVI. Anche qui sono possibili molteplici interpretazioni. I benedettini ad esempio sono anche conosciuti come olivetani.
Ma la questione più interessante riguarda l'ultimo motto della lista.
Il cosiddetto "Petrus Romanus", infatti, precederebbe la fine della Chiesa e la distruzione di Roma. Quella di Pietro Romano sembra peraltro essere un'aggiunta postuma, risalente al 1820. In questo caso la profezia di Malachia riguarderebbe solo 111 papi e dunque, ferme le identificazioni precedenti, si arresterebbe a Benedetto XVI. Singolarmente, una diversa profezia appare conforme a questa circostanza: quella della monaca di Dresda, che nella lettera a Federico I di Prussia scrive che l'ultimo Pietro giungerà dalla Prussia (per estensione, dalla Germania).
Si può notare che il nome "Pietro Romano" contraddice la prassi pontificia di non assumere il nome del primo papa (San Pietro Apostolo). Ciò è immaginabile in un solo caso: se la Chiesa Cattolica, a causa di nuove persecuzioni, tornasse, come alle origini del cristianesimo, a vivere in clandestinità nelle catacombe.[citazione necessaria] Il nome è invece in linea con alcune coincidenze storiche, famose nell'immaginario collettivo, che vedono l'ultimo sovrano di una dinastia portare il nome del primo (es.: Romolo Augusto, come il primo re e il primo imperatore; Umberto II, come il fondatore della dinastia Savoia; Carlo d'Asburgo, come il fondatore del Sacro Romano Impero; Costantino XI, come il fondatore di Costantinopoli).
Inoltre al contrario degli altri papi, per quanto riguarda il Petrus, Malachia (o chi per lui) dedica uno spazio più ampio, rispetto ai brevi motti dei predecessori.
"In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septis collis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Amen." (Trad.: Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli crollerà ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Amen.)
C'è da notare inoltre che l'elenco non è numerato, ma semplicemente i motti sono scritti uno sotto l'altro e nell'originale il Petrus romanus e il De gloria olivae sono così vicini che probabilmente si riferiscono allo stesso papa.
Nel periodo di Pietro II i cristiani ritorneranno nelle catacombe, come duemila anni fa; quando essi ritorneranno alla luce del sole, la chiesa non sarà più quella di un tempo e nemmeno il mondo sarà quello del passato. Con Pietro II non ci sarà la fine del Cristianesimo, ma la fine di quel tipo di cristianesimo sorto dalle ceneri dell'impero romano d'occidente. Al vertice della chiesa non ci sarà più nessun pontefice in quanto lo spirito santo illuminerà tutti gli uomini e ci sarà come un paradiso sulla terra. Il centro della cristianità non sarà più Roma. La città eterna verrà spazzata via in una notte d'estate, come un fuscello di paglia. E di essa non rimarrà che un vago ricordo. La profezia sulla distruzione di Roma si trova in un messaggio trovato nel XVI secolo e attribuito genericamente al Monaco di Padova. In questo messaggio si dice: "Quando l'uomo salirà sulla luna, grandi cose staranno per maturare sulla terra. Roma verrà abbandonata, come gli uomini abbandonano una vecchia megera, e del Colosseo non rimarrà che una montagna di pietre avvelenate".
Cosa c'è di vero in queste profezie? L'unico modo per scoprirlo è attendere di scoprire come si chiamerà il prossimo papa con la fatidica frase: "Annuntio vobis gaudium magnum, habemus Papam..."
L'attribuzione è probabilmente apocrifa dato che il testo cominciò a circolare nel 1595, quasi 450 anni dopo la sua morte, pubblicato dal benedettino Arnold Wion nel suo "Lignum vitae". Ma soprattutto la circostanza che i pontefici anteriori al 1595 siano indicati con descrizioni assai precise (riferite ai loro stemmi, ai loro luoghi d'origine o ai loro nomi al secolo), mentre quelle sui papi successivi appaiono molto più vaghe e con maggiori possibili interpretazioni, depone per la non genuinità del documento.
Per fare alcuni esempi, il 110° papa, Giovanni Paolo II, reca il motto "De labore Solis" (la fatica del sole) adattabile a molte interpretazioni, riferibili al suo continuo viaggiare attorno al mondo, o alla sua provenienza (dall'est dove sorge il Sole), al periodo di intensa attività solare (dal 1940 in poi) iniziato durante la vita del papa, solo per citarne alcune.
Il papa successivo, indicato con "De gloria olivae" sarebbe Benedetto XVI. Anche qui sono possibili molteplici interpretazioni. I benedettini ad esempio sono anche conosciuti come olivetani.
Ma la questione più interessante riguarda l'ultimo motto della lista.
Il cosiddetto "Petrus Romanus", infatti, precederebbe la fine della Chiesa e la distruzione di Roma. Quella di Pietro Romano sembra peraltro essere un'aggiunta postuma, risalente al 1820. In questo caso la profezia di Malachia riguarderebbe solo 111 papi e dunque, ferme le identificazioni precedenti, si arresterebbe a Benedetto XVI. Singolarmente, una diversa profezia appare conforme a questa circostanza: quella della monaca di Dresda, che nella lettera a Federico I di Prussia scrive che l'ultimo Pietro giungerà dalla Prussia (per estensione, dalla Germania).
Si può notare che il nome "Pietro Romano" contraddice la prassi pontificia di non assumere il nome del primo papa (San Pietro Apostolo). Ciò è immaginabile in un solo caso: se la Chiesa Cattolica, a causa di nuove persecuzioni, tornasse, come alle origini del cristianesimo, a vivere in clandestinità nelle catacombe.[citazione necessaria] Il nome è invece in linea con alcune coincidenze storiche, famose nell'immaginario collettivo, che vedono l'ultimo sovrano di una dinastia portare il nome del primo (es.: Romolo Augusto, come il primo re e il primo imperatore; Umberto II, come il fondatore della dinastia Savoia; Carlo d'Asburgo, come il fondatore del Sacro Romano Impero; Costantino XI, come il fondatore di Costantinopoli).
Inoltre al contrario degli altri papi, per quanto riguarda il Petrus, Malachia (o chi per lui) dedica uno spazio più ampio, rispetto ai brevi motti dei predecessori.
"In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septis collis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Amen." (Trad.: Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli crollerà ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Amen.)
C'è da notare inoltre che l'elenco non è numerato, ma semplicemente i motti sono scritti uno sotto l'altro e nell'originale il Petrus romanus e il De gloria olivae sono così vicini che probabilmente si riferiscono allo stesso papa.
Nel periodo di Pietro II i cristiani ritorneranno nelle catacombe, come duemila anni fa; quando essi ritorneranno alla luce del sole, la chiesa non sarà più quella di un tempo e nemmeno il mondo sarà quello del passato. Con Pietro II non ci sarà la fine del Cristianesimo, ma la fine di quel tipo di cristianesimo sorto dalle ceneri dell'impero romano d'occidente. Al vertice della chiesa non ci sarà più nessun pontefice in quanto lo spirito santo illuminerà tutti gli uomini e ci sarà come un paradiso sulla terra. Il centro della cristianità non sarà più Roma. La città eterna verrà spazzata via in una notte d'estate, come un fuscello di paglia. E di essa non rimarrà che un vago ricordo. La profezia sulla distruzione di Roma si trova in un messaggio trovato nel XVI secolo e attribuito genericamente al Monaco di Padova. In questo messaggio si dice: "Quando l'uomo salirà sulla luna, grandi cose staranno per maturare sulla terra. Roma verrà abbandonata, come gli uomini abbandonano una vecchia megera, e del Colosseo non rimarrà che una montagna di pietre avvelenate".
Cosa c'è di vero in queste profezie? L'unico modo per scoprirlo è attendere di scoprire come si chiamerà il prossimo papa con la fatidica frase: "Annuntio vobis gaudium magnum, habemus Papam..."