Intorno al 1850 era diffusa in Europa la convinzione che l’Impero Ottomano fosse in sfacelo, e si aspettava il momento buono per fare un sol boccone dei Balcani. Allo stesso tempo era evidente lo sviluppo della Francia nel secondo impero di Napoleone III. Lo Zar di Russia, Nicola I, era convinto che l’Inghilterra avrebbe appoggiato la Russia: entrambe avrebbero accresciuto la loro potenza, l’Inghilterra in funzione anti-francese, la Russia espandendosi in Europa orientale. Il primo ministro inglese, lord Russell, invece pensava che non ci fosse ragione di ritenere immediato lo sfacelo della Turchia. Ciononostante l'imperatore russo non comprese appieno la posizione britannica e perseverò nel ritenerla sua alleata nell'opposizione alla crescente potenza francese.
Per tutta la durata dell'anno 1853 fervettero i preparativi allo scontro, con navi anglo-francesi in prossimità dei Dardanelli e le truppe terrestri russe che addirittura invasero i Principati danubiani di Moldavia e Valacchia, e si difesero dalle isolate scorribande turche sul fronte del Caucaso.
Nel marzo dell'anno successivo, la regina Vittoria dichiarava ufficialmente guerra alla Russia; pochi giorni dopo lo stesso atto fu compiuto da Napoleone III. Anche il Regno di Sardegna si unì all'impresa: il presidente del Consiglio Cavour considerava infatti l'intervento un buon trampolino di lancio per entrare a far parte del gioco politico europeo, ed inviò un Corpo di Spedizione nel 1855 che contava 18.000 soldati. L'Austria offrì alla Turchia appoggio diplomatico e la Prussia scelse di rimanere neutrale, lasciando così la Russia priva di alleati.
I politici europei ragionavano in base a calcoli geopolitici astratti e obsoleti, mentre moderne ferrovie e navi a vapore solcavano terre e mari rifornendo gli eserciti. Eserciti organizzati con sorprendente arcaicità, in particolare quello inglese (e il vincitore di Napoleone, il duca di Wellington, era morto da appena due anni) comandato da lord Raglan, che aveva perduto quarant’anni prima un braccio a Waterloo.
Le numerose sconfitte riportate dalle forze zariste in Crimea e nel Mar Baltico alimentarono le tensioni nel paese, rafforzando le componenti contestatrici dell'opinione pubblica. L'opposizione al governo si fece sentire anche nei ceti più conservatori, tanto da spingere lo Zar a prendere in considerazione i quattro punti di resa propostigli dal conte Buol (Austria) a nome delle forze alleate, il cui fine era quello di limitare fortemente la presenza russa in oriente per evitare il rafforzamento dell'impero stesso.
Scontri molto duri, soprattutto dal punto di vista delle perdite umane, da una parte e dall'altra, si protrassero per buona parte del 1855, negli ultimi mesi del quale ci fu a Vienna una riunione per cercar di trovare una soluzione diplomatica al conflitto.
Tale soluzione tuttavia non venne trovata, tanto che si giunse a nuovi scontri ordinati dal giovane zar Alessandro II, che portarono però solo ad un'ennesima bruciante sconfitta da parte russa: dopo un anno di assedio la città di Sebastopoli, importante roccaforte russa, venne presa dagli alleati, mettendo così in luce le carenze militari della Russia.
Fu la battaglia simbolo della guerra. Una battaglia
che produsse miti ma che si risolse in un nulla di fatto, come in fondo
la guerra stessa che, pur vedendo sconfitta la Russia, lasciò pressochè
immutati gli equilibri continentali. Fu la battaglia della sottile
linea rossa. Un mito moderno, quello
della sottile linea rossa. Moderno perché si tratta della prima
invenzione giornalistica, il primo mito prodotto dai media. Un
reggimento di Highlanders scozzesi difese il campo di Balaclava da un
attacco della cavalleria russa. Erano pochi, e Sir Colin Campbell li
dispose a cintura del campo, in una fila profonda due uomini. Fu William
H. Russel, corrispondente del Times, che osservando lo scontro da un
vicino rilievo (il Sapouné, per la cronaca) lo descrisse come “a thin red streak tipped
with a line of steel”, poi popolarmente riassunta in
“sottile linea rossa”.
Prima che Sebastopoli cadesse, Nicola I era morto, lasciando al suo successore Alessandro II la necessità di scegliere tra una politica di sostanziali riforme o la rinuncia, per la Russia, al ruolo di grande potenza. Lo svolgimento della guerra e in particolare l'assedio di Sebastopoli furono seguiti per la prima volta dall'opinione pubblica europea grazie al telegrafo Il conflitto si chiuse solamente nell'anno 1856, quando ad Alessandro II non rimase altra alternativa se non quella di tirar fuori il proprio paese da un conflitto dal quale non sarebbe mai potuto uscire vincitore.
Il Congresso di Parigi fu visto dall’Imperatore francese Napoleone III come una rivincita rispetto al Congresso di Vienna del 1814-1815.
Si svolse nella capitale francese dal 25 febbraio al 16 aprile 1856. Vi parteciparono tutti i Paesi belligeranti: Francia, Gran Bretagna, Russia, Turchia e Piemonte, oltre all’Austria e successivamente alla Prussia che si unì alle discussioni in un secondo momento.
Al congresso di pace di Parigi, l'Impero zarista accettò il principio di neutralità sul Mar Nero, e l'abbandono delle isole del delta del Danubio. Quando però il rappresentante britannico menzionò il Caucaso, col chiaro intento di bandirvi la Russia, i delegati di questo paese, avvertendo la mancanza di volontà dei Francesi di appoggiare tale richiesta, si opposero decisamente e con successo. Le perdite territoriali subite dalla Russia al congresso furono così modeste, che, come disse l'ambasciatore francese a Vienna, non era chiaro chi fosse il vincitore e chi il vinto.