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La guerra di Corea

Durante le sessioni della Conferenza del Cairo, nel 1943, un accordo tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Cina prevedeva l'indipendenza della penisola coreana dal Giappone a guerra ultimata e lo status di "nazione neutrale". L'Unione Sovietica accettò questa mozione, nonostante essa confinasse per un breve tratto col nuovo stato che si sarebbe venuto a creare. Nell'Agosto 1945, in contemporanea con gli attacchi nucleari americani su Hiroshima e Nagasaki, i sovietici denunciarono il trattato di non belligeranza che avevano stipulato coi giapponesi nel 1938 a seguito degli scontri di Nomonhan ("Nomenkan", al confine tra la regione cinese di Manciuria, occupata dai giapponesi nel 1931 e la Mongolia, indipendente dalla Cina dal 1911 e retta da un governo comunista fin dal 1921, stato satellite dell'URSS, scontri che avevano visto vincitrice l'Armata Rossa sull'esercito nipponico).

Nel giro di tre settimane, i sovietici occuparono tutta la Manciuria, le isole Curili, la parte meridionale dell'isola di Sakhalin e la penisola coreana fino al 38º parallelo, laddove incontrarono gli americani che la stavano occupando a partire dalla regione meridionale. L'evacuazione dei giapponesi si completò il 16 agosto. Al momento della resa nipponica (settembre 1945), la situazione si configurava secondo una temporanea divisione. Tutte le potenze vincitrici accettarono la spartizione in attesa che un governo nazionale s'insediasse. Ma, dal 1946, la Guerra Fredda investì anche l'estremo oriente e nessun governo unitario poté esser eletto. Nel 1947 l'ONU fissò le date per le elezioni generali, ma ai suoi funzionari fu impedito l'ingresso nella zona d'occupazione sovietica.

Si giunse così all'insediamento di due regimi antitetici nelle rispettive zone d'influenza: nell’area settentrionale si era formato un governo comunista filosovietico con capitale Pyongyang presieduto da Kim Il Sung e in quella meridionale un governo nazionalista filoamericano con capitale Seoul presieduto da Syngman Rhee. Entrambi gli stati avevano, come priorità, il disegno della riunificazione nazionale. L'attacco alla Corea del Sud fu proposto dal leader nordcoreano, nell'ottica di una riunificazione nazionale, sia all'Unione Sovietica, che alla Cina già nell'autunno del 1949. Il leader russo Stalin e quello cinese Mao acconsentirono per motivi diversi. Stalin, fresco del cocente danno d'immagine conseguente al Blocco di Berlino da lui iniziato nel 1948, cui gli americani risposero col ponte aereo, era deciso a "studiare" l'entità della potenza rivale. Mao, invece, era debitore al leader nordcoreano, il quale aveva inviato parte del suo esercito a sostenere i comunisti cinesi nella Guerra civile cinese del 1946, 1949. Stalin promise solo aiuti bellici e forniture alimentari. Mao appoggiò i nordcoreani anche con istruttori militari e mise a disposizione anche aeroporti in Manciuria, ritenuti, a torto, al sicuro dai bombardamenti americani.

La guerra

Dopo ripetute violazioni del confine e scaramucce che si protraevano da quasi un anno, l'esercito nordcoreano, forte di 350.000 uomini, con 500 carri e 2000 pezzi d'artiglieria, addestrati da mesi (dal Febbraio 1950 erano in "stato di allerta"), aprì un potente e continuato fuoco d'artiglieria il mattino di domenica 25 giugno 1950, approfittando anche della giornata piovosa. Il settore ove prese avvio la guerra fu la zona di confine limitrofa alla città di Kaesong, dove la IV^ Divisione di Fanteria nordcoreana iniziò a martellare pesantemente le posizioni sudcoreane.

Il giorno dopo, rimasta inapplicata la risoluzione dell'ONU per il cessate il fuoco con il ripristino dello status quo, i cittadini statunitensi vennero evacuati via mare dal porto di Inchon all'approssimarsi degli invasori. Il 27 giugno anche l'ambasciata statunitense di Seoul venne evacuata, mentre a New York si riuniva il consiglio di Sicurezza dell'ONU che decretava sanzioni contro la Corea del Nord. Il primo scontro tra statunitensi e nordcoreani avvenne il 27 giugno, quando il V° Stormo dell'USAF abbatté tre aerei nemici mentre appoggiava l'evacuazione dei civili da Seoul. Il presidente americano Truman, quasi contemporaneamente, ordinava alla marina e all'aviazione di intervenire in aiuto alla Corea del Sud.

Fu solo allora che il mondo fu portato a conoscenza che, truppe nord-coreane costituite da circa 120.000 uomini, su dieci divisioni, avevano varcato simultaneamente il confine ed invaso il sud (che disponeva in quel momento di sole 4 divisioni) occupando Seoul, distante appena 40 km dal confine, il 28 giugno 1950. Grazie all'assenza del consigliere sovietico (ritiratosi per protesta contro la presenza della sola Cina nazionalista nell'ONU), gli Stati Uniti ottennero dal Consiglio di sicurezza un voto favorevole all'intervento militare.

Mentre gli Usa attaccavano, soprattutto con l'aviazione dati gli scarsi risultati via terra, su mandato delle Nazioni Unite, si creò una forza internazionale costruita ed organizzata dagli Stati Uniti e comprendente 18 paesi aderenti all’ONU. Sotto la guida del generale Douglas MacArthur le truppe dell’ONU riuscirono a rallentare l’avanzata nord-coreana, dilagata nella Corea del Sud dove resisteva solo la zona di Pusan, per poi riprendere l’iniziativa con una controffensiva lanciata il 25 settembre, che in breve risalì fino al 38º parallelo e poi (7 ottobre 1950) penetrò profondamente nel territorio del nord. Mac Arthur optò per creare una testa di ponte fortificata nell'estremo lembo sudorientale della Corea, in quello che è passato alla storia come il "Perimetro di Pusan", ove concentrare abbastanza truppe per resistere agli invasori e, nel frattempo, pianificare uno sbarco alle loro spalle al fine di chiuderli in una tenaglia.

La controffensiva si concretizzò il 15 settembre, quando il Maggior Generale Edward M. Almond condusse un attacco anfibio contro il porto di Inchon, vicino al 38º parallelo, con il X° Corpo Marines. Le forze nordcoreane, che da settimane premevano inutilmente contro il Perimetro di Pusan circa 200 km più a sud, improvvisamente scoprirono di rischiare di rimanere intrappolati in una gigantesca sacca, qualora da Inchon, senza particolare difficoltà, gli americani avessero letteralmente "tagliato in due" la penisola coreana. A questo punto fu il panico tra gl'invasori e la loro ritirata fu improvvisa e caotica. In breve, l'esercito nordcoreano cessò di costituire un valido strumento offensivo. Massacri di popolazione inerme vennero compiuti dai nordcoreani in ritirata. Già il 17 settembre venne recuperata Seoul ed il 26 settembre venne ripreso l'aeroporto della capitale, mentre dal "Perimetro di Pusan" i mezzi corazzati americani iniziavano a eliminare le sacche di resistenza nordcoreane a sud di Seoul. Il 28 settembre venne raggiunto il 38º parallelo, il confine ufficiale tra le due Coree. Il 29 settembre il presidente Truman autorizzò sia il dispiegamento dell'aviazione nelle basi della Corea del Sud, che l'attraversamento del confine con lo scopo di liquidare il regime comunista nordcoreano.

Il 7 ottobre iniziarono le scaramucce sul confine, mentre venivano bombardate le città nordcoreane, le linee di rifornimento, le linee ferroviarie, i porti. Il 9 ottobre, reparti sudcoreani e la VIII^ Armata americana varcarono il 38º parallelo, occupando il 19 ottobre Pyongyang. Nel frattempo, l'esercito nordcoreano aveva praticamente cessato di esistere, ed il leader nordcoreano volò a Pechino ad implorare l'aiuto cinese, dopo aver ricevuto un secco rifiuto da Stalin in tal senso. Il 26 ottobre le forze sudcoreane presero Chosan, città nordcoreana sulla riva destra del fiume Yalu. Era stato raggiunto il confine cinese e quel che rimaneva del territorio nordcoreano era diviso praticamente in due. Mentre l’Unione sovietica si limitò ad appoggiare il governo comunista, la Cina partecipò ai combattimenti inviando in Corea, già il 18 ottobre 1950, oltre 180.000 soldati del XIII Gruppo d'Armata, alle cui spalle erano pronti altri 120.000 uomini di rincalzo, "volontari" che in breve ricacciarono le truppe dell’ONU al di là del 38º parallelo facendo svanire le speranze di MacArthur in una facile vittoria.

L'esercito cinese guadò lo Yalu la notte del 27 ottobre. Già dal 19 ottobre interi reparti cinesi entrarono nel territorio della Corea del Nord integrando i regolari nordcoreani. Il contrattacco si concretizzò, tra il 28 ed il 29 ottobre, in una valanga umana che si abbatté sulle linee avanzate alleate, letteralmente travolgendole. L'intervento in massa dei cinesi divenne irresistibile a partire dal 25 novembre. Con una tattica "a tridente", i cinesi sfondarono al centro, ricacciando i sudcoreani da Chosan ed impegnando gli americani ad est della città (contro il X° Corpo dei Marines) ed ad ovest (contro l'VIII^ Armata). Le posizioni divennero impossibili da mantenere già dopo pochi giorni, nonostante i bombardamenti contro le colonne cinesi e contro le installazioni militari mancesi. Grazie all'aviazione (copertura offerta dai cacciabombardieri e trasporto offerto dagli elicotteri), le truppe alleate iniziarono il ritiro dalla Corea del Nord a partire dal 3 novembre, attraversando il fiume Chongchon. il 5 dicembre i cinesi ripresero la capitale nordcoreana Pyongyang e per capodanno si attestarono sul confine del 38º parallelo. Varcato il 38º parallelo l'1 gennaio 1951, il 4 gennaio i cinesi presero la capitale sudcoreana Seoul. Vennero arrestati solo il 15 gennaio a circa 75 km dal confine, sulla linea Pyongtaek - Samchok. I cinesi erano esausti e le perdite subite erano state assai ingenti. Inoltre, le linee di rifornimento erano troppo estese e soggette al bombardamento a tappeto da parte degli aerei americani.

Dopo un paio di mesi di scaramucce sulla nuova linea del fronte, da ambo le parti, gli alleati scatenarono una prima controffensiva tra il 25 gennaio ed il 21 aprile 1951: l'aeroporto di Seoul venne occupato il 10 febbraio, la città di Wonju fu presa il 28 febbraio e Seoul stessa venne definitivamente presa il 14 marzo. Era il turno dei cinesi di retrocedere in modo caotico. All'inizio del 1951 il presidente americano Harry S. Truman, che fino ad allora aveva appoggiato la conduzione della campagna militare da parte di Douglas MacArthur, temendo un allargamento del conflitto (McArthur si era detto più volte favorevole all'uso delle armi nucleari), stanco delle critiche rivoltegli dal generale, preferì sostituirlo, l'11 aprile, con il più moderato Matthew B. Ridgway, avviando pochi mesi dopo le trattative fra le parti per una conclusione concordata del conflitto, su suggerimento dell'Unione Sovietica.

Entrambi i contendenti erano esausti economicamente; le perdite di uomini e materiali erano a livello di guardia, eppure i negoziati non facevano progressi, soprattutto per il problema dei prigionieri di guerra: i comunisti li rivolevano indietro tutti senza condizioni, mentre gli alleati rimanevano fermi per la libertà di scelta. Già il 10 luglio si manifestarono i primi dissidi e le trattative furono sospese il 23 agosto. L'indomani, gli alleati iniziarono a martellare il settore centrale del fronte con l'artiglieria. I comunisti costruirono tre nuovi aeroporti a Aamcham, Taechon, e Namsi, sùbito rasi al suolo dall'aviazione alleata nel mese di ottobre. Il 12 novembre, i negoziati ripresero a Panmunjeom. Mentre il fronte si stabilizzava, soltanto l'aviazione alleata condusse azioni tra il 28 novembre 1951 ed il 30 aprile 1952. L'8 ottobre i negoziati furono nuovamente sospesi e gli alleati impiegarono l'aviazione fino al 1 novembre per "ammorbidire" i nemici. Il 20 aprile ripresero i negoziati, con i cinesi pronti a riconoscere il referendum di autodeterminazione tra i prigionieri di guerra. Tuttavia le forze comuniste ripresero le ostilità con l'esercito il 10 giugno conquistando Kumsong, ma vennero bloccate già il 19 giugno. A questo punto, l'aviazione alleata iniziò a bombardare le dighe nordcoreane. I negoziati di pace si conclusero il 27 luglio 1953 con la firma a Panmunjeom di un armistizio che ristabiliva sostanzialmente la situazione preesistente, e la creazione della Zona demilitarizzata coreana. La Corea rimase divisa in due stati: Corea del Nord, con capitale Pyongyang e Corea del Sud, con capitale Seoul. Ci furono 2 milioni di morti.

Cinesi e statunitensi furono soddisfatti, mentre le due Coree inizialmente non vollero riconoscere l'armistizio. Un comitato di supervisori dell'armistizio formato da osservatori appartenenti a nazioni neutrali operò fino al maggio 1956, quando, in séguito agli incontri diplomatici di Ginevra (26 aprile - 15 giugno 1954), falliti per l'inflessibilità dei nordcoreani, non si ratificò un vero trattato di pace. Da allora, gli americani mantengono 40.000 soldati ed arsenali nucleari in Corea del Sud e questo costituisce il più lungo armistizio della storia. Il 25 maggio 2009, a seguito delle rinnovate tensioni fra le due Coree, la Corea del Nord si è unilateralmente ritirata dall'armistizio.