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Maya

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La conquista spagnola delle Americhe






Tre sono i periodi in cui viene usualmente suddivisa la storia dei Maya:
  • Periodo Preclassico che va dal 1500 a.C. (per altri, dal 1000 a.C. o dal 1800 a.C.) al 317 d.C.
  • Periodo Classico che va dal 317 (anno corrispondente all'anno più antico del calendario maya) al 987 d.C., suddiviso a sua volta in:
    • Classico Arcaico (fino al 500 circa), in cui si assiste allo stanziarsi dei Maya e alla bonifica della giungla
    • Medio Classico, con una pausa a cui segue una ripresa con rinnovata lena
    • Classico Finale (dall'800), che vede il declino e l’inspiegabile abbandono di tutto quanto s’era creato con tanto sudore
  •  il terzo è il Periodo Postclassico, a partire dal 987.

La civiltà Maya ha origini antichissime: i primi insediamenti si possono attribuire al 1500 a.C., ma è solo nel 300 a.C. che si cominceranno a sviluppare le prime vere e proprie città.
L'impero Maya era localizzato negli attuali territori del Veracruz, Yucatán, Campeche, Tabasco e Chiapas in Messico, la maggior parte del Guatemala e alcune aree del Belize e dell'Honduras.
Il periodo classico, compreso tra il 300 ca. e il 900 d.C., è caratterizzato dalla diffusione in tutti i territori maya di una cultura pressoché uniforme. Le maggiori città maya furono Tikal, Copan, Bonampak, Piedras Negras, e Palenque.
In questo periodo la storia maya presenta il suo sviluppo più massiccio nel campo dell’organizzazione culturale, politica, tecnologica, culminando in uno scenario dove ogni città era un piccolo stato che avava contatti con le medesime solo per scambi commerciali.
Intorno al 900, questi centri vennero misteriosamente abbandonati (le ipotesi spaziano da carestie ad eventi naturali). Parte della popolazione si spostò nello Yucatàn, e qui ebbe il suo centro la civiltà maya del periodo seguente.
I centri del Nuovo Impero furono Chichen Itza, Uxmal, Mayapan e Labnà.L'apice del popolo Maya fu intorno al 1000d.C., ma problemi interni e guerre fra le varie città ne provocarono la decadenza.
L'agricoltura era alla base dell'economia maya; il mais ne era il prodotto principale, seguito da cotone, fagioli, manioca, cacao e zucche.

Una caratteristica di questo popolo, che ne caratterizza l'elevato grado di conoscenze tecniche, è rappresentato dalla vasta rete idrica. Questa, era costituita da piccolissimi canali che convogliavano in grandi cisterne adibite alla raccolta dell'acqua per l'uso quotidiano e per l'irrigazione nei campi.
Le tecniche di tessitura del cotone e di produzione della ceramica erano avanzate. Come unità di scambio venivano utilizzati campanelli di rame e chicchi di caffè; il rame era inoltre lavorato insieme a oro, argento, conchiglie e piume colorate, per produrre ornamenti.
Il potere politico-esecutivo, era affidato a capi che ereditavano il titolo in linea maschile. Questi erano assistiti, a loro volta, da capi locali che distribuivano le terre alle famiglie dei villaggi.
La definitiva crisi che decretò il declino irreversibile dei Maya, è da ricercare in vari fattori come il ripresentarsi di catastrofi naturali, pestilenze, uragani e, di conseguenza raccolti andati perduti, che portarono carestie e continue guerre con le città o popoli confinanti.

Il re, che rappresentava il fulcro della vita delle città-stato, l’unica entità in grado di tenere unita tutta la popolazione, perde di credibilità.
La popolazione lentamente abbandonò i grandi centri urbani e tutte le attività commerciali persero la loro importanza.
A questo punto i Maya furono lentamente assoggettati dagli Aztechi. Gli spagnoli, giunti nel XVI secolo, rovesciarono con facilità i gruppi maya, indeboliti dalle guerre interne e colpiti da devastanti epidemie di cui erano portatori gli stessi conquistadores.
La popolazione indigena passò da un massimo di otto milioni a poco più di un milione di abitanti a causa dello sterminio spagnolo. I sopravvissuti andarono a rafforzare una classe di lavoratori schiavizzati nelle piantagioni e nelle miniere. La guerra dei conquistadores durò più di un secolo; arrivati nel 1527, riuscirono a conquistare l'ultima città maya nel 1697.

Gli spagnoli introdussero nei nuovi territori i principi del diritto romano, dell’amministrazione e della giustizia, sviluppando un sistema coloniale estremamente burocratico e imponendo agli indigeni la lingua, la cultura e le istituzioni spagnole.
La grande organizzazione unificatrice fu la Chiesa cattolica. Il clero convertì al cattolicesimo le popolazioni locali. La Chiesa possedeva moltissimi territori ed esercitava, di conseguenza, un potere considerevole sull’economia coloniale.
Gli ecclesiastici occupavano elevati incarichi di governo ed agivano all’interno della società sia come amministratori, sia come guide spirituali.
Durante il periodo della colonizzazione si distrugge completamente l’identità di questo popolo: ha inizio lo sfruttamento massiccio delle risorse e la continua soppressione della popolazione originaria.
Gli indigeni, durante tutti i secoli della rivoluzione, non contenti di vivere sfruttati e maltrattati, cercarono continuamente di ribellarsi, ma ogni tentativo risultò inutile.

La filosofia dei Lumi e lo sviluppo del liberalismo influenzarono notevolmente le élite coloniali, ma fu l’invasione napoleonica (1807-1808) della penisola iberica a dare impulso ai moti di indipendenza.
Nel 1821 venne dichiarata l'indipendenza dalla Spagna, ma fu un'autonomia di breve durata. Nel 1823 fu dichiarata l’annessione al Messico di tutta l’America centrale.
Il Guatemala si dichiarò indipendente ed entrò a far parte delle "Province Unite dell’America Centrale". Nonostante gli obiettivi e gli interessi comuni degli stati membri, la Confederazione venne definitivamente sciolta nel 1840, e si ristabilì la situazione precedente.
Successivamente alla guida del Guatemala si alternarono governi autoritari e giunte militari, molto spesso presiedute da uomini autoproclamatisi capi di stato.
Anche nel nostro secolo la situazione non cambia, c’è costantemente uno sfruttamento massiccio delle risorse da parte di compagnie estere che, appoggiate dai governi, impediscono lo sviluppo di questi territori.

Chi ne risente maggiormente sono le popolazioni indigene: solo in questi ultimi anni la situazione sta migliorando grazie all’intervento di organizzazioni internazionali. Con una difficile opera di mediazione, queste stanno cercando di parificare i diritti degli indigeni a quelli della gente comune.
I Quiché, del ramo linguistico maya, vivono attualmente sugli altipiani del Guatemala occidentale, insieme ad altre etnie. Oggi i Quichè superano le 300.000 unità e costituiscono il gruppo di indios più numeroso del Guatemala.
Nel 1992, Rigoberta Menchú, attivista quiché, vinse il premio Nobel per la pace in riconoscimento delle sue lotte per i diritti civili delle popolazioni indigene del Guatemala.

Usanze e tradizioni

Alcune discutibili tradizioni dei Maya erano quelle di schiacciare il cranio dei neonati tra due assi per fargli assumere "artificialmente" una forma più piatta ed allungata.
Nonostante questa usanza potesse causare dei traumi nei bambini, aventi ancora le ossa fragili, questo aspetto fisico veniva visto positivamente perché era più simile a quello degli dei.
Un'altra usanza era quella di rendere strabici i bambini attraverso una pallina posta davanti gli occhi , perché anche questa caratteristica era simbolo di bellezza.
Molte tradizioni dei Maya sono state tramandate fino ai giorni nostri e vengono ancora rispettate dagli indios, come il rispetto per la natura (verso la madre terra), il matrimonio, la gravidanza, l'aiuto e la collaborazione tra le famiglie del villaggio.

La natura: la tradizione più importante riguarda il rispetto vero e proprio della natura; la terra viene considerata una vera e propria madre e le viene chiesto il permesso di coltivarla ad ogni semina o per ogni altra operazione agricola.
Il matrimonio: secondo le tradizioni maya, è il ragazzo ad andare a casa della ragazza interessata per fare la richiesta di matrimonio. Se la ragazza non acconsente subito, il ragazzo ha ancora due possibilità, terminate le quali non potrà mai più chiederla in sposa. Se la ragazza invece acconsente, il ragazzo deve chiedere il permesso alla famiglia della ragazza alla quale spetta la decisione finale.

Dopodiché si faranno varie riunioni fra i genitori delle due famiglie che, giunti all’accordo, prepareranno i festeggiamenti. Durante il rito del matrimonio, come in molti altri, parte della cerimonia viene celebrata in ricordo degli antenati.
La gravidanza: quando una donna è incinta, per il periodo della gravidanza non deve vedere nessun altro bambino e deve fare lunghe passeggiate fra i campi, per mettersi in contatto con la natura e per farla amare al bambino. Per il parto, anche ai giorni nostri, la donna non può recarsi all’ospedale perché le tradizioni lo vietano. Dopo il parto si brucia la placenta e il bambino rimane solo con la madre per otto giorni.
Dopo questo periodo il bambino viene presentato alla comunità con una grande festa.

Il gioco della pelota

Questo gioco era praticato nell’ambito di tutte le grandi civiltà dell’America precolombiana.
Ogni città maya classica, possedeva uno o più terreni di gioco.
Quello di chichèn - Itzà è il più imponente di tutto il Messico e i tre edifici costruiti sul suo perimetro ne sottolineano la sua importanza: due piccoli templi (o tribune) alle due estremità del terreno e altri due imponenti templi servivano a delimitare l’area del campo.
Il terreno riservato al gioco (95x35 metri) era fiancheggiato per due lati da due alti muri nei quali erano infissi due grandi anelli di pietra. Due squadre partecipavano agli incontri.
I giocatori dovevano far passare la palla negli anelli di pietra. La palla era fabbricata in caucciù e doveva essere rilanciata solo con le spalle, le ginocchia o le anche.
La palla non doveva mai toccare terra; la squadra vincente era quella che aveva commesso meno errori.
Il capitano della squadra perdente veniva decapitato da un giocatore dell’altra squadra.