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Se i vantaggi politici e religiosi delle tre prime Crociate furono assai scarsi, enormi invece divennero i guadagni delle repubbliche marinare italiane, le quali seppero trasformare quelle imprese in una vera e propria occupazione commerciale del Levante. È naturale quindi che all'avido sguardo dei mercanti genovesi, pisani e veneziani anche l'Impero Bizantino si presentasse come un territorio di sempre maggior valore economico, poiché, posto così fra l'Occidente e l'Oriente, quello Stato era il ponte di passaggio fra l'Italia e le regioni asiatiche. I Veneziani da. molto tempo cercavano di impadronirsi dell'Impero; mancando però di truppe sufficienti, forse non sarebbero riusciti nell'impresa, se l'astuto loro doge, Enrico Dandolo, non avesse saputo sfruttare, a tutto vantaggio di Venezia, la quarta Crociata, che il pontefice Innocenzo III aveva bandita fino dal 1198.
Nel 1202 molti cavalieri crociati, fra i quali primeggiavano Baldovino, conte di Fiandra, Tebaldo, conte della Champagne e Bonifacio, marchese del Monferrato, erano venuti coi loro soldati a Venezia per passare in Oriente; ma non avendo il danaro sufficiente per pagare il viaggio, accolsero l'invito del doge Enrico Dandolo, il quale propose loro di aiutare l'esercito veneziano all'assedio di Zara, che si era ribellata. Il papa si oppose, ma i Crociati andarono ugualmente a Zara e l'espugnarono. Mentre erano all'assedio, ecco apparire il principe Alessio, figlio dell'imperatore di Costantinopoli Isacco l'Angelo, con la notizia che il proprio padre era stato deposto dal trono, e con la preghiera di cooperare alla restaurazione del regno : egli prometteva, in caso di vittoria, navi e danari per la Crociata e s'impegnava di promuovere anche l'unione della Chiesa greca con la latina. I Crociati e i Veneziani, sbrigatisi di Zara, andarono a Costantinopoli e con la forza rimisero sul trono Isacco. Ma essendo scoppiata una rivoluzione popolare contro di essi, presero d'assalto la città, la saccheggiarono orrendamente, rovesciarono l'Impero Greco e inaugurarono l'Impero Latino d'Oriente, il cui primo sovrano fu Baldovino di Fiandra (1204). Nella distribuzione delle prede territoriali, mentre i Crociati, dimentichi ormai di Gerusalemme e dei loro voti, dividevano il paese in tanti piccoli feudi, Venezia occupò i punti commercialmente più importanti, raccogliendo nelle sue mani tutti i traffici dell'Impero paralizzando l'opera dei Genovesi e dei Pisani. In quaranta anni tutte le isole greche dell'Egeo e dello Ionio divennero veneziane, da Corfù e da Tenedo, fino a Candia, mentre nei principali porti la repubblica apriva fondachi e colonie, e in tutti i paesi dell'Impero otteneva fran chigia assoluta per le merci veneziane. E allora il doge prendeva i pomposo titolo di signore di una quarta parte dell'Impero di Romania
L'Impero Latino d'Oriente durò meno di sessanta anni (1204 1261), ma la potenza commerciale di Venezia toccò allora l'apogeo destando le gelosie della rivale Genova.
Le ultime Crociate
Innocenzo III, deluso del risultato della quarta Crociata, sùbito si adoperò a prepararne un'altra; non riuscì però a vederla, essendo morto nel 1216. La quinta Crociata (1218-1221) Si diresse verso l'Egitto, considerato ormai da molti come il più facile ponte di passaggio verso la Palestina; occupò per qualche tempo Damietta, alle foci del Nilo, ma poi si disperse, essendo venuto meno alle sue promesse l'imperatore Federico II di Svevia, che avrebbe dovuto dirigerla. Questa partì qualche anno dopo (1228), mentre era in pieno disaccordo col papa, e nel 1229 ottenne con un trattato dal sultano d'Egitto la restituzione di Gerusalemme e di alcune altre città. Benché scomunicato, Federico II si fece incoronare « re di Gerusalemme » nella chiesa del Santo Sepolcro (sesta Crociata); ma ritornò subito in Italia per difendere i suoi Stati dal papa. Il nuovo Regno di Gerusalemme, così costituito, ebbe una durata effimera.
La settima (1248) e l'ottava Crociata (1270) ebbero come animatore il piissimo re di Francia, Luigi IX. Egli nel 1248 sbarcò in Egitto, conquistò Damietta, ma, fatto prigioniero e riscattato con una forte somma, ritornò in Francia (settima Crociata). Molti anni dopo, il pio re volle ritentare l'impresa; per compiacere il fratello Carlo d'Angiò, re di Napoli, sbarcò a Tunisi, ma là morì di pestilenza (1270). Gli altri Crociati che erano andati con lui si dispersero, onde anche questa volta i risultati furono nulli (ottava Crociata).
Intanto una dopo l'altra cadevano le poche città che in Palestina erano ancora in possesso dei cristiani; Cesarea, Giaffa, Antiochia, Tripoli furono prese dai Turchi : ultima fu Tolemaide (San Giovanni d'Acri), espugnata nel 1291. Gli Ordini religiosi cavallereschi perdettero allora lo scopo per cui erano stati istituiti; i Templari passarono in Europa e furono soppressi nel secolo XIV; i Teutonici si trasferirono in Germania, dove combatterono contro gli Slavi; solo i Cavalieri di S. Giovanni restarono a Cipro, donde passarono a Rodi, la bella isola nostra, in cui hanno lasciato tanti ricordi del loro dominio e della loro mirabile ostinazione nella difesa della cristianità contro i Turchi. I Cavalieri di Rodi si raccolsero più tardi a Malta e vi rimasero fino al 1799; il loro Ordine esiste anche oggi e porta ìl nome di Sovrano Ordine Militare di Malta : il loro Gran Maestro risiede a Roma.
Conseguenze sociali, economiche e culturali delle Crociate
Come impresa militare le Crociate furono dunque un fallimento e non lasciarono grande traccia nella storia politica dell'Europa e dell'Oriente; ebbero invece un'influenza vasta e duratura nella vita sociale, economica ed intellettuale del mondo latino-germanico e specialmente d'Italia.
Conseguenze sociali
Sarebbe un errore il considerare le Crociate come un fatto esclusivamente religioso : sotto la parvenza religiosa esse nascondono un fenomeno sociale, la rivolta al feudalesimo. Si pensi entro quale cerchio di ferro il feudalesimo aveva chiuso la vita: le popolazioni, asservite alla terra, erano divenute stazionarie, vivendo per intere generazioni sempre nello stesso paese, nello stesso fondo, nella stessa casa, senza muoversi mai, onde avevano finito per identificare la patria col loro castello, il mondo col loro misero feudo. I pochi che erano riusciti a fare un viaggio fino a Roma, o avevano pellegrinato fino al santuario di S. Giacomo di Compostella in Spagna o al Santo Sepolcro di Gerusalemme, erano ritenuti come uomini di eccezione, consultati come gente che venisse dal mondo dell'ignoto. E la mentalità paesana era divenuta piccina piccina come il feudo; ogni iniziativa si fiaccava contro difficoltà insormontabili; la vita stagnava. Quand'ecco giungere alle popolazioni, sotto l'aspetto di un appello religioso, l'invito di rompere i confini feudali, di passare di feudo in feudo, di nazione in nazione, fino al misterioso Oriente, ricco di favolose promesse. Il fascino dell'ignoto, il desiderio di avventure, la speranza di una improvvisa ricchezza si uniscono all'entusiasmo religioso, e seducono molti, i giovani specialmente, che si lanciano all'impresa con la ingenuità di fanciulli; i primi partenti vanno senza meta, cantando inni sacri, come invasati dall'ebbrezza di una libertà nuova, chiedendo ad ogni svolto di strada se Gerusalemme e in vista.
Il cerchio di ferro feudale si rompe sotto l'impeto dei partenti e con esso s'infrange il mondo feudale; dei Crociati alcuno non ritornerà più, avendo trovato altrove una vita di più largo respiro; altri ritornerà, ma mutato interamente, con l'idea di un mondo più vasto, con l'aspirazione ad una vita più intensa e più libera, e ai rimasti narrerà i suoi viaggi, dirà le sue idee: quanto mondo, quanta vita al di là del breve orizzonte che si vede dalla torre del castello feudale.
Viste così, come ribellione al sistema feudale, le Crociate debbono certamente ritenersi uno dei più decisivi elementi dissolvitori di esso, e nello stesso tempo una delle maggiori forze destinate a dar vita alla economia dei tempi nuovi. Dalle Crociate infatti non trasse alcun vantaggio la nobiltà feudale, che si trastullò ad impiantare laggiù degli effimeri Stati con l'idea di perpetuare gli errori economici e politici di un sistema, ormai non più rispondente ai tempi. Chi profittò delle Crociate fu invece la borghesia, proprio quella che fino a ieri era stata oppressa e tenutasottomessa dal ferreo regime feudale, ed ora si arricchiva senza scrupoli e ostentava di fronte ai signori e ai cavalieri la prosaica ma florida opulenza dei mercanti.
Conseguenze economiche
Le Crociate ebbero una importantissima conseguenza economica: emanciparono l'Europa dal monopolio mercantile dei Bizantini e degli Arabi. Questa emancipazione avvenne però solo per merito delle nostre repubbliche marinare, le quali seppero conquistare i mercati del Levante. L'Italia divenne allora il paese più ricco del mondo, l'arbitro fra l'Occidente e l'Oriente, il dominatore dei più grandi traffici mondiali, che si svolgevano ancora nel bacino del Mediterraneo.
Conseguenze culturali
Intanto la frequenza dei viaggi rendeva ai mercanti italiani molto più facili i contatti con popoli, una volta tanto lontani. Il mare ridiveniva, come ai tempi dell'Impero Romano, la grande via su cui s'incontravano le civiltà delle diverse genti. E l'Europa, non ebbe che a guadagnare venendo nei luoghi, dove da secoli fiorivano due grandi civiltà, la bizantina e l'araba, ambedue di tanto superiori a quella dell'Occidente. Là dove passava il mercante, andò presto l'erudito; nelle stesse navi, che portavano in Europa le spezierie d'Oriente, vennero a noi i codici della letteratura greca, le versioni arabe di Tolomeo e di Aristotele; negli stessi mercati, in cui si trattavano gli affari, si accendevano le dispute religiose, le controversie filosofiche. La lingua greca e l'araba trovarono cultori ín Occidente; il pensiero orientale apparve a poco a poco in una luce nuova di seduzione; con l'allargarsi dell'orizzonte geografico e commerciale si aperse anche un più vasto orizzonte culturale. Appunto dalle Crociate incominciò quel generale risveglio della cultura, che in pochi secoli portò l'Italia all'apice della civiltà mondiale.