Silla apparteneva ad un ramo povero della gens dei Cornelii, famiglia di antichissima origine patrizia, ma in quell'epoca senza alcuna influenza nella vita politica della città. Completamente privo di mezzi economici, Silla trascorse gli anni della gioventù ai margini dei circoli politicamente più influenti di Roma. In che modo il giovane si procurò le risorse economiche per poter essere ammesso nel rango senatorio non è dato sapere, sebbene alcune fonti facciano allusione all'eredità di un'anziana prostituta d'alto bordo dalla quale s'era fatto mantenere fino ad oltre i trent'anni. Nel 107 a.C. Silla fu nominato questore di Gaio Mario, del quale era cognato avendo sposato la sorella minore della moglie di Mario, Giulia, nel periodo in cui questi stava assumendo il comando della spedizione militare contro Giugurta, re della Numidia.
Alla fine Mario, nel 106 a.C., riuscì a prevalere, soprattutto grazie all'abile e coraggiosa iniziativa di Silla, che riuscì a catturare Giugurta convincendo il suocero Bocco e gli altri familiari a tradirlo e consegnarlo ai Romani. La fama che gliene derivò gli servì da trampolino di lancio per la carriera politica, ma provocò il risentimento e la gelosia di Mario nei suoi confronti. Nonostante ciò Silla continuò a servire nello stato maggiore di Mario per tutta la durata della difficile campagna condotta in Gallia contro le tribù germaniche dei Cimbri e dei Teutoni (104 – 103 a.C.). Silla si distinse anche in questa occasione, aiutando il console Quinto Lutazio Catulo, rivale di Mario, a sconfiggere i Cimbri nella Battaglia dei Campi Raudii, presso Vercelli, nel 101 a.C. Al suo ritorno a Roma, Silla riuscì a farsi eleggere pretore urbano, e i suoi avversari non mancarono di accusarlo di aver corrotto all'uopo molti degli elettori. In seguito fu assegnato al governo della Cilicia, regione situata nella moderna Turchia.
Nel 92 a.C. Silla lasciò il Medio Oriente e rientrò a Roma, dove si unì al partito degli oppositori di Gaio Mario. In quegli anni la Guerra Sociale (91-88 a.C.) era al suo culmine. L'aristocrazia romana si sentiva minacciata dalle ambizioni di Mario che, vicino alle posizioni del partito popolare, aveva già conseguito il consolato per 5 anni di seguito, dal 104 a.C. al 100 a.C. Nella repressione di quest'ultimo moto di ribellione delle popolazioni italiche alleate di Roma, Silla si mise particolarmente in luce come brillante e geniale stratega, eclissando sia Mario che l'altro console Gneo Pompeo Strabone e, nell'88 a.C., ottenne per la prima volta il consolato.
Assunta la carica, Silla intraprese, su incarico del Senato, una nuova spedizione militare in Oriente, per combattervi quella che poi sarebbe stata denominata la prima guerra mitridatica. Si lasciò tuttavia alle spalle, a Roma, una situazione assai turbolenta. Mario era ormai vecchio, ma nonostante ciò, aveva ancora l'ambizione di essere lui, e non Silla, a guidare l'esercito romano contro il re del Ponto Mitridate VI e, per ottenere l'incarico, convinse il tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo a fare approvare una legge che sottraeva a Silla il comando, già formalmente conferito, della guerra contro Mitridate e lo attribuiva a Mario.
Appresa la notizia Silla, accampato in quel momento nell'Italia meridionale in attesa di imbarcarsi per la Grecia, scelse le 6 legioni a lui più fedeli e, alla loro testa, si diresse verso Roma stessa. Nessun generale, in precedenza, aveva mai osato violare con l'esercito il perimetro della città (il cosiddetto pomerio). La cosa era talmente contraria alle tradizioni che Silla esento' gli ufficiali dal parteciparvi. Spaventati da tanta risolutezza, Mario ed i suoi seguaci fuggirono dalla città. Dopo avere preso una serie di provvedimenti per ristabilire la centralità del Senato come guida della politica romana, Silla lascio' di nuovo Roma, per intraprendere la guerra contro Mitridate.
L?assenza di Silla consentì a Mario di tornare all'attacco, sostenuto dal console Lucio Cornelio Cinna. Ottennero che tutti i provvedimenti di Silla fossero dichiarati nulli e che egli stesso fosse dichiarato nemico pubblico. Eletti entrambi consoli nell'86 a.C., solo Cinna mantenne il potere incontrastato dato che Mario morì poco dopo l'elezione, più che settantenne.
Terminata la campagna in Oriente da vincitore, Silla tornò in Italia alla notizia della morte di Cinna (84 a.C.) con il suo esercito. Dopo due anni di stasi, Silla sconfisse l'esercito consolare, ed essendo morti entrambi i consoli, fu nominato dittatore a tempo indeterminato: i suoi poteri comprendevano il diritto di vita e di morte, la possibilità di presentare leggi, di effettuare confische, di fondare città e colonie, di scegliere i magistrati. Fu sulla base di questi poteri che Silla realizzò un'articolata serie di riforme che dovevano, nelle sue intenzioni, risolvere la crisi in cui si dibatteva da decenni lo stato romano.
Divenuto padrone assoluto della città, Silla instaurò un vero e proprio regno del terrore, mettendo al bando e dichiarando fuori legge tutti gli oppositori politici, offrendo ricompense a chi li avesse uccisi. Ormai virtualmente senza opposizioni, Silla attuò una serie di riforme tese a mettere il controllo dello stato saldamente nelle mani del Senato, allargato per l'occasione da 300 a 600 senatori. La nomina a senatore fu resa, inoltre, automatica al raggiungimento della carica di questore, mentre prima era demandata alla scelta dei censori. Per evitare l'accumulo di poteri si stabilì un limite minimo di età per le varie magistrature: trent'anni per i questori, quaranta per i pretori, etc. Il potere dei tribuni della plebe fu inoltre fortemente ridimensionato: le loro proposte dovevano essere approvate preventivamente dal Senato e il loro diritto di veto limitato. Il potere giudiziario fu restituito al Senato, sia per i reati più gravi sia per le cause di corruzione che la riforma graccana aveva demandato ai cavalieri. In definitiva tutte le sue azioni erano animate dall'intento di restituire al partito aristocratico il controllo della città.
Nella sua veste di dittatore a vita Silla venne eletto console per la seconda volta nell'80 a.C. Cresceva intanto l'insofferenza verso gli eccessi compiuti dai suoi uomini. Un suo liberto fu denunciato in un processo, e sconfitto grazie alle arringhe del giovane Cicerone. Silla, sorprendendo tutti, l'anno successivo decise di abbandonare la politica per rifugiarsi nella propria villa di campagna, con l'intento di accingersi a scrivere le proprie memorie. morì nel 78 a.C., probabilmente di cancro.
I problemi politici e sociali che avevano portato alla guerra civile non erano però affatto risolti. Silla aveva ristabilito l'ordine oligarchico in virtù della forza derivatagli dagli eserciti, al cui appoggio ricorreranno sia i sostenitori che gli avversari del nuovo corso da lui instaurato. Da Silla in poi la vita politica e civile dello Stato sarà condizionata dall'elemento militare: disporre di un esercito da usare contro gli avversari, e se il caso contro le istituzioni, divenne l'obiettivo principale dei più ambiziosi capi politici che aspiravano al potere. Il sistema costituzionale romano uscì distrutto dalla guerra civile. E l'esempio di Silla trovò presto un imitatore d'eccezione proprio in un uomo che aveva idee opposte alle sue: Giulio Cesare.